03/05/2013
Quali sono le maggiori paure delle coppie che si avvicinano al percorso dell’adozione? A cosa addebitare il sostanziale dimezzamento delle domande depositate nei tribunali italiani?
«In questi ultimi anni abbiamo assistito a una presa di coscienza progressiva sull’esperienza dell’adozione, anche grazie all’aumento di fonti di informazione di prima mano, blog e testimonianze», spiega Marco Chistolini, psicologo e psicoterapeuta familiare responsabile tecnico-scientifico del Ciai. «Il risultato è che gran parte delle coppie che oggi si accingono ad adottare sono molto più consapevoli e informate riguardo alle caratteristiche dei bambini adottabili. Rispetto alle convinzioni, anche superficiali, del passato, i nuovi futuri genitori sono più prudenti e sanno che l’amore, di per sé, può non essere sufficiente a guarire le ferite di questi piccoli».
Ma quali sono le maggiori fonti di ansia per le coppie che iniziano il cammino adottivo? «Esistono due variabili particolarmente critiche», prosegue lo psicoterapeuta. «La prima riguarda l’età. Quasi tutte le coppie sanno che l’età media dei bambini si aggira intorno ai 6 anni, perciò non troviamo quasi più nessuno con il sogno del bambino piccolissimo. D’altra parte, quando l’ipotesi di abbinamento sposta l’età oltre i 6 anni, verso gli 8 o i 9, la preoccupazione di molti è che possa essere più difficile realizzarne l’integrazione. Inoltre, c’è un po’ di delusione all’idea di non poter effettivamente “accudire” un bambino già grandicello».
«La
seconda fonte di ansia riguarda la disabilità fisica. Sono tanti i
futuri genitori che temono di non essere in grado di far fronte a questo
tipo di problema, mentre si dicono disponibili ad affrontare l’ipotesi
della ferita psicologica, ad esempio quella dei bambini maltrattati o
abusati».
La risposta a questo tipo di pregiudiziali è sempre la stessa: «L’ansia è
legata al’incognita. E’ meglio prepararsi, essere informati e
consapevoli per non sentirsi in balia degli eventi», raccomanda il
dottor Chistolini. «E poi, alla fine di tutto, pensare sempre che il destino è ancora tutto da scrivere. Ogni bambino, per quanto ferito, ha sempre incredibili capacità di recupero».
Benedetta Verrini