Se la scuola torna indietro

Il dibattito sui casi di bambini respinti alla scuola elementare ci riporta indietro nel tempo, a cinquant'anni fa, a don Milani e Mario Lodi e a riscoprirne l'attualità.

Se Don Milani resta attuale

17/06/2012
Don Milani a Barbiana.
Don Milani a Barbiana.

Abbiamo scritto più volte in passato, e il presente lo conferma, che tra gli scritti di don Lorenzo Milani restava attuale la portata profetica di Esperienze Pastorali, dicendoci per contro che la lettura di Lettera a una professoressa andava contestualizzata un'epoca e in una scuola – quelle degli anni Cinquanta e Sessanta -  nel frattempo cambiate. Ci si diceva che era acqua passata quella scuola che respingeva in partenza i ragazzi destinati a Barbiana fin dalle classi  elementari, a vantaggio di una scuola più inclusiva e capace di aderire al dettato costituzionale.


La cronaca del momento però, pur circoscrivendo a pochi casi quello che al tempo di don Milani era la regola, ci riporta con i bambini respinti in prima elementare dentro il dibattito di quel tempo e ci fa rileggere Lettera a una professoressa con uno sguardo diverso, perché in fondo i pochi casi di oggi somigliano ai tanti casi di allora. Soltanto che la marginalità geografica viene sostituita da altre marginalità diverse che abitano al confine tra disabilità e "normalità", o nelle periferie in cui vivono bambini svantaggiati da una lingua diversa. 

Siccome, come allora, non è verosimile che, come don Milani scriveva, Dio faccia nascere gli asini e gli svogliati solo nelle case dei poveri, è verosimile che quei pochi casi siano la spia del fatto che, nell'affanno di tagliare qua e là, e sulla scuola non è il caso di prendersela con i tecnici ci avevano pensato altri prima, stia diventando più difficile colmare in classe gli svantaggi della vita.

Don Milani fa scuola a Barbiana.
Don Milani fa scuola a Barbiana.

Una scuola che non riesce a colmare lo svantaggio iniziale a sei anni -quando è chiaro fin dai tempi di don Milani che lo svantaggio e l'eccellenza se non si fa qualcosa si allontanano progressivamente autoalimentandosi in reciproche, incolmabili, distanze - è figlia di uno Stato che, dopo aver visto ridursi a miraggio il lavoro dell'articolo 1 della Costituzione, vede virualizzarsi il compito di rimuovere gli ostacoli alla pari dignità di tutti i cittadini dell'articolo 3.


Non c'è luogo migliore della scuola per colmare le distanze, ma non si può gettare la croce su singoli insegnanti, dirigenti, istituti, che si arrendono davanti a voragini per le quali si danno loro sempre minori risorse e strumenti. Non è questione di ricorsi e carte bollate. 

Il problema è più profondo sta nel capire che un Paese in crisi, qualunque crisi
, non può che rinascere dalla scuola in cui crescono piccoli nuovi cittadini. Cui un giorno sarà giusto chiedere di assumersi le proprie responsabilità. Ma a sei anni quelle responsabilità sono di altri. Resta vero che una decina di rondini non fanno primavera (e neppure inverno) e che di meno di dieci bocciati parliamo. Ma il fatto che ci siano è una spia da considerare.

Elisa Chiari
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