Se la scuola torna indietro

Il dibattito sui casi di bambini respinti alla scuola elementare ci riporta indietro nel tempo, a cinquant'anni fa, a don Milani e Mario Lodi e a riscoprirne l'attualità.

I giornalini della classe di Mario Lodi

17/06/2012
Mario Lodi scrive "I care", il motto di don Milani sul vetro di una finestra.
Mario Lodi scrive "I care", il motto di don Milani sul vetro di una finestra.

I casi della vita sono strani. Capita di passare davanti a un mercatino di libri in una piazza di Milano, temporaneamente incustodito, perché, spiega il gestore nel frattempo accorso, «Quasi nessuno ruba i libri: per i più non sono un genere appetibile, chi li ama, invece, li rispetta e dunque non li ruba».

Capita di assicurarsi, alla cifra di 6 euro, Insieme, di Mario Lodi, Giornale di una quinta elementare, con la sensazione di aver rispolverato un cimelio, un po' sdrucito nel dorso. Cimelio perché è datato 1974 (seconda edizione) e perché si spera che sia datato proprio perché contiene il felice esperimento di una scuola felice che faceva eccezione nel panorama infelice di una scuola che non aveva ancora digerito l'idea che una scuola frettolosa di selezionare è una scuola che fallisce il suo obiettivo. Ecco si spera che sia datato perché si è certi che quella scuola infelice sia finita.

Ma poi capita, a pochi giorni di distanza, di veder esplodere, quasi 40 anni dopo, cioè nei giorni scorsi, in cronaca, casi sporadici ma significativi - chissà perché la cronaca è contagiosa, capitava anche gli anni scorsi? Boh? - di bambini bocciati in prima elementare.

Capita di aprire una pagina di Insieme a caso (i giornalini servivano a Mario Lodi per mantenere la comunicazione tra le sue classi e l'esterno, come ci spiegava nell'intervista che ci ha concesso nel 2008 e che ripubblichiamo qui) e capita di trovarvi una cosa che sembra attagliarsi almeno un po' ai disagi del presente dei casi di cronaca di cui sopra (un bimbo disabile, altri stranieri).

Vi si legge:

«128, 28 maggio 1973

POESIE

I ragazzi della V classe di Bagni a Tivoli, alunni del maestro Albino Bernardini, ci hanno mandato un nastro registrato. In esso erano registrate alcune persie fatte da loro, che pubblichiamo.


Mi mettevano da parte

Io dalla prima alla terza
non sapevo niente,
secondo la maestra.
Mi metteva all'ultimo banco
e non m'insegnava niente.
Il più ricco sapeva tutto
perché ogni tanto gli portava qualcosa.
Se lo teneva di conto
perché secondo me lei diceva così:
«Questo è ricco e mi può far comodo,
lasciamolo stare,
a Natale o a Pasqua
o per la chiusura della scuola
qualche cosa mi porterà».
A casa mia madre mi diceva:
-Figlio mio studia
che la zappa è pesante
non voglio che fai quello che faccio io,-
e mio padre lo stesso.
Mio padre quando stava al Fucino
l'hanno mandato via,
non ce la faceva più a campare.
Torlonia faceva così:
a chi aveva la terra gliene dava
di più, a chi non ce l'aveva
lo faceva sgobbare come uno schiavo.
Allora è venuto a Roma
e così siamo qui. Mi diceva sempre:
-Chi9e è più pensante:
la zappa o la penna?
Io rispondevo: - E' più pesante
la zappa!
- E allora studia, mi diceva.
Ma io non studiavo
perché non ne sapevo
non m'insegnavano niente
 e mi mettevano da parte (Antonio)».

Nessuno probabilmente ha nostalgia di una scuola e di una società che mettono da parte, meno di tutti probabilmente gli insegnanti e i dirigenti che si sono risolti a bocciare, probabilmente lasciati soli a gestire le criticità di un sistema scuola, sempre più povero di persone e di risorse, cui si chiede di funzionare senza neppure la carta igienica nei bagni. Ed è probabile che non fosse il calcolo che ingenuamente il bambino Antonio attribuisce alla maestra, credendola meglio disposta verso il compagno più facoltoso, a creare lo svantaggio iniziale, ma la fortuna dell'altro di esser nato in una casa in cui c'erano libri, in cui si respirava oltre la ricchezza un po' più di cultura e certamente una lingua migliore, magari in una casa non a tutti concessa in cui c'era una stanza libera per studiare concentrati e se del caso un papà capace di dare una mano se i compiti a casa deragliavano nelle difficoltà.

Sarebbe bello pensare che le battaglie di Mario Lodi,  che ha compiuto 90 anni da poco, siano state acquisite per sempre, ma se infuria il dibattito sulla bocciatura in prima elementare, forse c'è qualcosa da riscoprire, da rileggere, da ripensare. E meno male che ogni tanto qualcuno abbandona un libro al mercatino.

E' molto probabile, che lo svantaggio che il bambino Antonio ingenuamente attribuiva ai calcoli della maestra, alle regalie, all'occhio di riguardo verso il compagno più fortunato, venisse in realtà da una casa piena di libri, in cui si imparava vivendo un italiano già corretto, in cui mezzi economici migliori facevano il paio con una cultura di base già in partenza migliore.


Nessuno probabilmente ha nostalgia di una scuola e di una società così, - che mettono da parte - meno di tutti probabilmente gli insegnanti e i dirigenti che si sono risolti a bocciare, probabilmente lasciati soli a gestire le criticità di un sistema scuola, sempre più povero di persone e di risorse, cui si chiede di funzionare senza neppure la carta igienica nei bagni. Sarebbe bello pensare che le battaglie di Mario Lodi,  che ha compiuto 90 anni da poco, siano state acquisite per sempre, ma se infuria il dibattito sulla bocciatura in prima elementare, forse c'è qualcosa da riscoprire, da rileggere, da ripensare. E meno male che ogni tanto qualcuno abbandona un libro al mercatino.

Elisa Chiari
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