Foibe, quegli italiani dimenticati

La Giornata del ricordo che si celebra oggi è l'occasione per un dibattito non ideologico sulle vicende del "confine orientale", che riguardarono 350 mila esuli e produssero le foibe.

Foibe, capire per una memoria condivisa

10/02/2012
Scavi all'interno di una foiba (foto Ansa).
Scavi all'interno di una foiba (foto Ansa).

Regna ancora molta ignoranza sui fatti che riguardarono il cosiddetto confine orientale a partire dal 1943. Spesso non si fa distinzione fra le foibe e l'esodo forzato che colpì circa 350 mila italiani. Finché non ci sarà conoscenza, una memoria condivisa resterà impossibile. A tal fine, vogliamo dare un piccolo contributo cercando di definire che cosa furono le foibe. Riportiamo la defizione data nel sito di La storia siamo noi della Rai, dove sono reperibili ulteriori link per altrettanti approfondimenti.

«Le foibe sono cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo. È in quelle voragini dell’Istria che fra il 1943 e il 1947 sono gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani.La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano “nemici del popolo”. Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l’Istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. Lo racconta Graziano Udovisi, l’unica vittima del terrore titino che riuscì ad uscire da una foiba. È una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce».

Paolo Perazzolo

A cura di Paolo Perazzolo
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