Liberalizzazioni, l'Italia che cambia

Dal decreto "Salva-Italia" agli interventi annunciati per il lavoro. Secondo il Governo Monti, in un mercato più libero e trasparente si potrebbe guadagnare un 2% di crescita l'anno.

Salva, cresci, semplifica e lavora: le quattro parole d'ordine del Governo Monti

06/02/2012
Alcuni dei settori interessati dalle liberalizzazioni. Dall'alto, in senso orario: assicurazioni, farmacie, carburanti e taxi (foto Ansa).
Alcuni dei settori interessati dalle liberalizzazioni. Dall'alto, in senso orario: assicurazioni, farmacie, carburanti e taxi (foto Ansa).

Salva, cresci, semplifica: queste sembrano essere finora le tre parole d’ordine dell’esecutivo Monti, dal Salva-Italia al Semplifica-Italia, passando per il Cresci-Italia. Ma presto se ne aggiungerà un’altra che con ogni probabilità suonerà vicina a ‘lavora’. Si sta mettendo mano infatti a un’altra cospicua riforma, quella del mercato del lavoro, che con ogni probabilità dovrà misurarsi con un nodo fonadamentale, l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

In ogni caso le proteste finora non sono mancate, oltre alle agitazioni dei tassisti e di altre categorie, alcune per ora solo proclamate, la scorsa settimana, mentre il DL sulle liberalizzazioni era ancora fresco di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio, e mentre già si discuteva il Semplifica-Italia, decreto sullo snellimento della burocrazia e sul ricorso massiccio a internet per velocizzare pratiche e certificati, scendevano in piazza, o meglio sulle strade, gli autotrasportatori, bloccando il Paese e facendo impennare il prezzo dei beni di prima necessità come frutta, verdura e generi alimentari.

La loro protesta in realtà non era legata direttamente a pacchetti in corso di approvazione, ma veniva da lontano, proclamata già da dicembre da alcune delle tante sigle sindacali che costellano un universo variegato e non sempre facilmente decifrabile, quello dell’autotrasporto. Tuttavia una cosa sembra essere chiara: in qualche modo anche la loro protesta era legata ad alcuni dei temi trattati nel decreto liberalizzazioni come il costo del carburante, il gasolio in particolare, e quello dei pedaggi autostradali.

Vediamo allora da vicino cosa comportano le liberalizzazioni sul piano delle cifre ed in particolare gli aspetti legati all’energia trattati nel pacchetto approvato in Cdm oltre una settimana fa e che questa settimana invece ha iniziato un complesso iter parlamentare per la sua trasformazione in legge, che lo ha visto in Commmissione Industria al Senato e lo vedrà in altre nove delle quattordici Commissioni permanenti.

Alessandro Micci
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Postato da Franco Salis il 06/02/2012 18:40

@ Rodolfo Vialba il 04/02/2012 10.39 Il tuo discorso non fa una grinza ed è fra l’altro molto ordinato. Mi ha colpito particolarmente il riferimento al principio di sussidiarietà che come noto è stato elaborato da christifideles laici,e di conseguenza sono particolarmente affezionato. Se è vero come tu, con modestia, dici di non aver proposto soluzioni, ma è altresì vero che hai tracciato un solco dagli argini precisi e fortificati. Se ci si incammina in quel solco, veramente l’Italia e gli italiani potranno rivivere e ricostruirsi il loro futuro (a me non me ne frega per la mia età, ma ho figli e nipoti). Ciò che a me attualmente preoccupa, non è tanto eventuale e ineluttabile errore di valutazione da parte del governo, ma la qualità del Parlamento. Una percentuale molto elevata non ha alcun riferimento culturale politico economico ed etico. Una speranza è data dal fatto che essendo oggi tutti impreparati conviene a tutti non creare fratture insanabili.L’art.18 letto più volte, non vedo a chi dia fastidio. Eventualmente potrà essere riformulato, per non lasciare troppa autonomia di giudizio al giudice del lavoro, unico arbitro nel giudicare “giusta causa e giusto motivo” ma nel contempo non consentire che l’azienda possa ridurre in schiavitù i lavoratori. Per quanto riguarda la “concertazione” è SI e basta, intesa come poi tu stesso ha formulato. Cosa ben diversa è il consociativismo, che ha prodotto non pochi guai di cui adesso stiamo pagando il conto. Se il prossimo Parlamento avrà una sicura maggioranza di cattolici adulti, avremo anche un governo che sarà capace di resistere alle bordate del Vaticano, sulla scia di don Sturzo, De Gasperi, La Pira, Moro e tanti altri che è impossibile nominare. Ciao

Postato da Rodolfo Vialba il 04/02/2012 10:39

Ho letto in questi giorni cosa la crisi economica sta provocando in Grecia: ci sono madri e famiglie che abbandonano i propri figli piccoli sulla soglia di un monastero perché non riescono più a mantenerli. Se questi sono gli effetti della crisi, e sebbene la notizia riguarda la Grecia e non l’Italia, è venuto il momento, e non solo per il nostro Paese, di ripensare e riprogettare il sistema economico, il suo modello di sviluppo, la globalizzazione dell’economia e dei mercati e la conseguente divisione internazionale del lavoro, il peso della finanza rispetto all’economia reale, dando priorità, prima ancora che ai meccanismi economici, alla dimensione etica, la sola che può darci “nuove regole”in grado di assicurare a tutti la possibilità di una vita dignitosa e di poter sviluppare le proprie capacità. In tutto ciò si inserisce la “questione del lavoro” come requisito per la crescita e come risposta urgente alla crescita della disoccupazione. Non ho la presunzione di proporre soluzioni. Desidero solo rilevare che il confronto in atto nel nostro Paese su questo tema è purtroppo viziato da una voglia di apparire e da tanta ideologia che rischia di spostare il dibattito su questioni del tutto marginali: 1) il dibattito su “concertazione sì o no” è sostanzialmente un non dibattito in quanto si ferma ai termini che vengono usati e non approfondisce ciò che quei termini intendono indicare. L’insieme e la complessità dei fenomeni che il nostro Paese si trova ad affrontare è tema che interessa una pluralità di soggetti: il Governo, il Parlamento, le forze politiche e le parti sociali, tutti interessati al governo dei fattori che possono generare la crescita e un nuovo modello di sviluppo e di welfare. Ora lo si chiami come si vuole, ma il confronto parti sociali – Governo si colloca all’interno di un percorso di “governance” che valorizza il ruolo delle parti sociali e del Governo e mantiene inalterate le prerogative della politica e del Parlamento. Questo che altro è se non l’applicazione concreta del principio di sussidiarietà, attraverso il quale le diverse autonomie sono portate a partecipare al raggiungimento di obiettivi comuni, senza che nessuno perda di ruolo, di funzione e sia strettamente collegato alla dimensione della propria rappresentanza senza piegarsi alle tentazioni corporative o esclusive? 2) considerato quanto sta succedendo sulla “questione del lavoro” tra Governo e parti sociali, non è affatto utile che personaggi della politica si affannino a proporre delle soluzioni sul mercato del lavoro, sui contratti e sui modelli. Mentre il confronto tra Governo e parti sociali è in atto, i politici dovrebbero evitare le incursioni sui temi in discussione in quanto possono, in buona fede, finire per ingarbugliare le questioni, come quella di far diventare centrale la questione del licenziare rispetto a quella dell’occupare. Per questo anche la questione dell’art. 18 è un non-senso. Può anche darsi che sia un mito o un tabù, ma proprio perché può aver assunto, non a caso, questa dimensione e considerata la sua scarsa incidenza sul contesto, bisognerebbe che si lasciasse demitizzare da sé. E questo vale per tutti: per il Governo, che ha il dovere di non esasperare il confronto ma di renderlo efficace; per le forze sociali, sindacati e imprenditori, che devono prendere atto che siamo entrati in una politica nuova; per la politica che ha il compito di sostenere e aiutare il Governo ma anche quello di non dividere ma rispettare e valorizzare l’autonomia delle forze sociali. Tutto questo certo non risolve la “questione del lavoro”, ne tanto meno conclude la riflessione e la riprogettazione del sistema economico e del suo modello di sviluppo, però serve a definire le modalità entro le quali è possibile ed utile un confronto sul merito dei problemi che il nostro Paese è chiamato ad affrontare al fine di evitare che gli effetti perversi che la crisi sta provocando in Grecia non investano anche l’Italia ma, attraverso noi, siano sconfitti anche in Grecia.

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