Liberalizzazioni, l'Italia che cambia

Dal decreto "Salva-Italia" agli interventi annunciati per il lavoro. Secondo il Governo Monti, in un mercato più libero e trasparente si potrebbe guadagnare un 2% di crescita l'anno.

Un toccasana per raddrizzare il Paese

06/02/2012
Secondo l'Osservatorio nazionale Federconsumatori, grazie ai processi di liberalizzazione, in un anno il risparmio stimato è di 946 euro a famiglia e la previsione di risparmio in percentuale sul Pil è pari a 1,5% (infografica Ansa).
Secondo l'Osservatorio nazionale Federconsumatori, grazie ai processi di liberalizzazione, in un anno il risparmio stimato è di 946 euro a famiglia e la previsione di risparmio in percentuale sul Pil è pari a 1,5% (infografica Ansa).

Il Pil che cresce dell’11%, consumi privati e occupazione che salgono dell’8%, e i salari reali del 12% senza effetti negativi sull’occupazione. Una previsione da fantascienza, soprattutto in clima di recessione, e invece proseguendo verso un mercato più libero e trasparente si potrebbe guadagnare un 2% di crescita all’anno, nei prossimi cinque. Numeri importanti, quelli che diffondeva Palazzo Chigi all’indomani del varo del pacchetto Cresci-Italia. Tanto più importanti se si considera che secondo quanto ci hanno appena fatto sapere gli analisti dell’agenzia di rating statunitense Moody’s con il ritorno dell’Ici, l’aumento dell’Iva e le altre misure introdotte a dicembre con il decreto Salva-Italia il Pil calerà dell’1% nel corso del 2012.

A quanto pare le liberalizzazioni sono un toccasana per raddrizzare il Paese e alcuni dei più prestigiosi think tank, fondazioni e istituti di ricerca hanno contribuito al dibattito. Tra questi Glocus e l’Istituto Bruno Leoni che hanno redatto un documento congiunto articolato in dieci proposte di liberalizzazione su altrettanti settori chiave dell’economia del nostro Paese. Presentato alla vigilia dell’approvazione del decreto in Consiglio dei Ministri è stato occasione di dibattito per forze politiche di segno opposto. Ma i responsabili economici dei principali partiti, da Claudio Scajola del Pdl a Stefano Fassina del Pd, si sono dimostrati unanimi nel giudizio: bisogna far presto e andare fino in fondo. “Ora che il decreto è stato approvato in Cdm” sintetizza Linda Lanzillotta, presidente di Glocus ed ex ministro per gli Affari Regionali, “si deve fare tutto quello che prevede, e assolutamente non abbassare la guardia perché le Lobby si metteranno in moto. Occorre essere molto vigili e non svuotare il provvedimento durante il passaggio parlamentare, ma rafforzarlo”.

Una riunione del Consiglio dei Ministri.
Una riunione del Consiglio dei Ministri.

Per Benedetto Della Vedova, di Fli, la posizione da tenere riguardo alle proteste andate in scena nei giorni scorsi è chiara: “Con i tassisti bisogna andare fino in fondo, se subisci l’intimidazione una volta poi la subirai ancora, su altre cose. Così come non si può accettare il ‘niet’ dei sindacati sull’articolo 18”. E persino Claudio Scajola, attuale responsabile economico del Pdl, ha ammesso: “L’opera di liberalizzazione fatta dal governo del quale ho fatto parte è stata molto timida”.

C’è da stare attenti, però, sull’entusiasmo relativo agli effetti delle liberalizzazioni, almeno nel breve termine, perché se le stime di Moody’s si riferiscono a qualcosa che avverrà nel corto raggio non è lo stesso per gli effetti di queste ultime, che ci metteranno un po’ a farsi sentire. Sebbene il premier Monti abbia sottolineato che si tratta di togliere tutte le tasse ‘occulte’ che insistono sui consumi, cioè quelle che si pagano con prezzi e tariffe fatti da chi detiene posizioni di rendita e di privilegio, siamo sicuri che tutti questi effetti si faranno sentire a breve sulle tasche delle famiglie italiane? “L’energia resta un settore fondamentale per consumatori, famiglie e imprese” continua l’On. Lanzillotta, Api, “e al momento condiziona negativamente la competitività”.

Prendiamo allora ad esempio il campo dei carburanti: il 70% di quello che ci costa un litro di carburante è sostanzialmente di accise ed Iva. Ormai un litro si aggira intorno agli 1,7 euro e circa un euro sono di tasse. La materia prima costa intorno ai 60 centesimi e rimangono poco più di dieci centesimi sui quali giocare per il libero mercato. Certo il margine di miglioramento c’è, ma anche sul piano dell’energia ci vorrà tempo prima che le tariffe scendano.

Anche per elettricità e gas il nostro livello di imposte è uno dei più alti d’Europa. Prendiamo ad esempio il costo del gas per le nostre tasche: su circa 86,4 cents a metro cubo i margini per gli operatori di mercato, dettaglio e ingrosso insieme, arrivano solo a 7 centesimi, rappresentando nell’immediato tutto quello su cui può agire la concorrenza. Altri margini ci sarebbero sul prezzo di importazione della materia prima, il petrolio, che incide per circa 35 centesimi, e il decreto va anche in questa direzione, ma qui i tempi si allungano. Non va dimenticato poi che il gas incide sul prezzo della bolletta elettrica, essendo al momento il metano la sua principale fonte di produzione, e inoltre le bollette elettriche sono gravate dagli incentivi per le rinnovabili.

Alessandro Micci
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