17/05/2010
Un carico di oppio sequestrato dalla polizia afghana.
Una buona notizia che potrebbe diventare una pessima notizia: una misteriosa malattia primaverile ha distrutto in Afghanistan circa un terzo del raccolto di papavero da oppio. I primi a non esultare, però, sono i generali americani. Talebani, signori della guerra e narcotrafficanti, infatti, stanno cercando di convincere i contadini che la “malattia” non è un prodotto della natura bensì un virus delle piante sparso proprio dalle truppe straniere, che non esiterebbero così a ridurre alla fame quella parte della popolazione che della coltivazione dell’oppio appunto vive. Un disastro, almeno dal punto di vista della propaganda, per le truppe Nato che, proprio nel tentativo di non favorire l’arruolamento dei contadini nella guerriglia, da circa un anno hanno deciso di usare una mano più “morbida” riguardo all’oppio.
Ma il pericolo è doppio, come ha sottolineato Antonio Maria Costa, direttore esecutivo dell’Ufficio Onu per la lotta alla droga e alla criminalità. La drastica riduzione del raccolto (circa 2.500 tonnellate in meno, colpite soprattutto le province di Helmand, Kandahar e Oruzgan) ha fatto di colpo salire i prezzi del papavero “fresco” di circa il 60%. Il che porta con sé un’altra conseguenza: aumentano spaventosamente di valore le scorte di oppio che i signori della guerra hanno ammassato nei loro depositi negli ultimi anni, segnati da un lento ma costante calo dei prezzi. Poiché i talebani e i guerriglieri si finanziano proprio col traffico di droga, è facile prevedere che l’imprevisto afflusso di denaro sarà da loro sfruttato anche per incrementare le attività terroristiche e per dotarsi di armi sempre più potenti e sofisticate.
a cura di Alberto Chiara e Fulvio Scaglione