17/05/2010
Hamid Karzai con Barack Obama alla Casa bianca.
Una delle “variabili impazzite” della situazione afghana è l’alto tasso di sfiducia reciproca che da tempo ormai divide il presidente Hamid Karzai dall’amministrazione americana, in particolare il presidente Obama. I rapporti hanno toccato il fondo subito dopo le elezioni presidenziali dell’anno scorso, che tutti gli osservatori indipendenti hanno giudicato pesantemente truccate: Obama annullò un viaggio a Kabul, Karzai per “rappresaglia” incontrò il presidente iraniano Ahmadinejad, le accuse (gli uomini del Governo afgano sono corrotti e implicati nel traffico di droga, l’esercito americano fa strage di civili afgani) cominciarono a farsi sempre più pesanti.
La diffidenza degli americani si basa non tanto sulla corruzione del regime di Karzai, ampiamente nota e di fatto incurabile, ma sulla sua scarsa rappresentatività presso gli afghani. Il Presidente di fatto agisce come rappresentante dei pashtun, l’etnia cui appartiene e dei cui interessi si è fatto paladino. I pashtun, però, sono circa il 35% dell’intera popolazione, il che lascia spazio a insoddisfazione vaste e profonde. Non è solo questione di strategia militare se, nel primo mandato presidenziale di Karzai, le zone infestate dalla guerriglia sono aumentate in misura esponenziale.
Il problema della Casa Bianca è che Karzai è di fatto insostituibile. Rimuoverlo potrebbe creare difficoltà anche maggiori di quelle attuali, convincerlo è impossibile, metterlo sotto tutela (qualche mese fa si era anche pensato di affiancarlo con una specie di “super ministro” americano) complicatissimo. Così da qualche tempo anche Obama si è rassegnato e ha accolto il suo omologo afghano alla Casa Bianca, riservandogli tutti gli onori del caso. Alla fin fine, è il ragionamento, non riuscendo a trovare di meglio, conviene tenersi buono Karzai. Che agli occhi degli americani ha almeno un pregio: può sempre essere comprato.
a cura di Alberto Chiara e Fulvio Scaglione