18/07/2011
Un aereo caduto in Uganda con farmaci e cibo destinati alla Somalia (Ansa).
«L’Africa soffre di ricorrenti siccità e carestie… Ma è anche l’unica regione del mondo in cui la quota di produzione di cibo pro capite è diminuita negli ultimi decenni… La dipendenza dell’Africa da approvvigionamenti di cibo esterni al continente sta crescendo a un ritmo allarmante».
Sono parole tratte da un Rapporto
del Dipartimento di Stato Usa del giugno 1985 ma sembrano scritte oggi. Secondo i dati della Fao, l’Africa importa tuttora il 28% del fabbisogno calorico dei suoi abitanti. In particolare, il 58% del frumento, il 41% del riso
e il 54% degli oli. La “bolletta cibo” dell’Africa, che sempre secondo la Fao era nel 1985
di 12,5 miliardi di dollari,
nel 2006 aveva già sfondato quota 25 milioni di dollari,
e da allora è ancora cresciuta.
Uno sforzo economico che
il continente non può sostenere e che lo espone
in modo catastrofico alle speculazioni sui prezzi
dei generi alimentari.
È fondamentale, dunque,
che l’Africa riprenda
il cammino verso una maggiore indipendenza. Anche perché gli studi delle Nazioni Unite dimostrano che i prezzi dei generi alimentari sono destinati a rimanere alti almeno per il prossimo decennio a causa degli effetti combinati dell’aumento della popolazione (saremo presto 9 miliardi), dei fenomeni climatici e del costo dell’energia.
Fulvio Scaglione
a cura di Pino Pignatta