10/03/2012
Una manifestazione pacifica dei No Tav. Foto di Alessandro Di Marco/Ansa.
Il presidio Europa del movimento No Tav ha
inviato a tutti i 726 membri del Parlamento europeo una lettera nella quale si
chiede di «prendere atto della violenta, antidemocratica e pericolosa
situazione che - a loro parere - sta subendo la Valle di Susa, a causa
dell'imposizione del progetto della linea ad alta velocità Torino-Lione anche
per mezzo di una crescente militarizzazione del territorio».
Nell'appello il
movimento No Tav fa riferimento alla lettera che «360 professori universitari,
esperti e tecnici, hanno mandato al primo ministro Mario Monti, chiedendo che i
tecnici siano finalmente ricevuti. Lettera che è stata firmata in pochi giorni
da 14 mila persone in tutta Italia». Al documento inviato agli europarlamentari
è allegato un brano dello scrittore Alberto Moravia «Ci sono due maniere di
tracciare una strada» tratto dal libro «L'uomo come fine».
Una manifestazione pacifica dei No Tav. Foto di Alessandro Di Marco/Ansa.
«Onorevole Presidente,
ci rivolgiamo a
Lei e al Governo da Lei presieduto, nella convinzione di trovare un
ascolto attento e privo di pregiudizi a quanto intendiamo esporLe sulla
base della nostra esperienza e competenza professionale ed accademica», comincia l'Appello per un ripensamento del progetto redatto nel gennaio scorso (http://www.notav.eu/modules.php?name=ePetitions&op=more_info&ePetitionId=1). «Il problema della nuova linea ferroviaria ad alta velocità/alta capacità
Torino-Lione rappresenta per noi, ricercatori, docenti e
professionisti, una questione di metodo e di merito sulla quale non è
più possibile soprassedere, nell’interesse del Paese. Ciò è tanto più
vero nella presente difficile congiuntura economica che il suo Governo è
chiamato ad affrontare.
Sentiamo come nostro dovere riaffermare - e nel seguito di questa lettera, argomentare - che il progetto
della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, inspiegabilmente definito
“strategico”, non si giustifica dal punto di vista della domanda di
trasporto merci e passeggeri, non presenta prospettive di convenienza
economica né per il territorio attraversato né per i territori limitrofi
né per il Paese, non garantisce in alcun modo il ritorno alle casse
pubbliche degli ingenti capitali investiti (anche per la mancanza di un
qualsivoglia piano finanziario), è passibile di generare ingenti danni
ambientali diretti e indiretti, e infine è tale da generare un notevole
impatto sociale sulle aree attraversate, sia per la prevista durata dei
lavori, sia per il pesante stravolgimento della vita delle comunità
locali e dei territori coinvolti».
Diminuita domanda di trasporto merci e passeggeri.
«Nel decennio
tra il 2000 e il 2009, prima della crisi, il traffico complessivo di
merci dei tunnel autostradali del Fréjus e del Monte Bianco è crollato
del 31%», continua la lettera-appello a Monti. «Nel 2009 ha raggiunto il valore di 18 milioni di tonnellate di
merci trasportate, come 22 anni prima. Nello stesso periodo si è
dimezzato anche il traffico merci sulla ferrovia del Fréjus, anziché
raddoppiare come ipotizzato nel 2000 nella Dichiarazione di Modane
sottoscritta dai Governi italiano e francese. La nuova linea ferroviaria
Torino-Lione, tra l’altro, non sarebbe nemmeno ad Alta Velocità per
passeggeri perché, essendo quasi interamente in galleria, la velocità
massima di esercizio sarà di 220 km/h, con tratti a 160 e 120 km/h, come
risulta dalla VIA presentata dalle Ferrovie Italiane. Per effetto del
transito di treni passeggeri e merci, l’effettiva capacità della nuova
linea ferroviaria Torino-Lione sarebbe praticamente identica a quella
della linea storica, attualmente sottoutilizzata nonostante il suo
ammodernamento terminato un anno fa e per il quale sono stati investiti
da Italia e Francia circa 400 milioni di euro».
Assenza di vantaggi economici per il Paese. «Per quanto
attiene gli aspetti finanziari, ci sembra particolarmente importante
sottolineare l’assenza di un effettivo ritorno del capitale investito.
In particolare:
1. Non sono noti piani finanziari di sorta.
Sono emerse
recentemente ipotesi di una realizzazione del progetto per fasi, che
richiedono nuove analisi tecniche, economiche e progettuali. Inoltre
l’assenza di un piano finanziario dell’opera, in un periodo di estrema
scarsità di risorse pubbliche, rende ancora più incerto il quadro
decisionale in cui si colloca, con gravi rischi di “stop and go”.
2. Il ritorno finanziario appare trascurabile, anche con scenari molto ottimistici.
Le analisi finanziarie
preliminari sembrano coerenti con gli elevati costi e il modesto
traffico, cioè il grado di copertura delle spese in conto capitale è
probabilmente vicino a zero. Il risultato dell’analisi costi-benefici
effettuata dai promotori, e molto contestata, colloca comunque l’opera
tra i progetti marginali.
3. Ci sono opere con ritorni certamente più elevati: occorre valutare le priorità. Risolvere i fenomeni
di congestione estrema del traffico nelle aree metropolitane così come
riabilitare e conservare il sistema ferroviario "storico" sono
alternative da affrontare con urgenza, ricche di potenzialità
innovativa, economicamente, ambientalmente e socialmente redditizie.
4. Il ruolo anticiclico di questo tipo di progetti sembra trascurabile.
Le grandi opere civili
presentano un’elevatissima intensità di capitale, e tempi di
realizzazione molto lunghi. Altre forme di spesa pubblica
presenterebbero moltiplicatori molto più significativi.
5. Ci sono legittimi dubbi funzionali, e quindi economici, sul concetto di corridoio.
I corridoi europei
sono tracciati semi-rettilinei, con forti significati simbolici, ma
privi di supporti funzionali. Lungo tali corridoi vi possono essere
tratte congestionate alternate a tratte con modesti traffici. Prevedere
una continuità di investimenti per ragioni geometriche può dar luogo ad
un uso molto inefficiente di risorse pubbliche, oggi drammaticamente
scarse».
Bilancio energetico-ambientale nettamente negativo.
«Esiste una
vasta letteratura scientifica nazionale e internazionale, da cui si
desume chiaramente che i costi energetici e il relativo contributo
all’effetto serra da parte dell’alta velocità sono enormemente acuiti
dal consumo per la costruzione e l’operatività delle infrastrutture
(binari, viadotti, gallerie) nonché dai più elevati consumi elettrici
per l’operatività dei treni, non adeguatamente compensati da flussi di
traffico sottratti ad altre modalità», continua ancora la lettera-appello al presidente del Consiglio dei ministri. «Non è pertanto in alcun modo
ipotizzabile un minor contributo all’effetto serra, neanche rispetto al
traffico autostradale di merci e passeggeri. Le affermazioni in tal
senso sono basate sui soli consumi operativi (trascurando le
infrastrutture) e su assunzioni di traffico crescente (prive di
fondamento, a parte alcune tratte e orari di particolare importanza)».
Una manifestazione No Tav nel cuore di Torino. Foto di Tonino Di Marco/Ansa.
Risorse sottratte al benessere del Paese.
«Molto
spesso in passato è stato sostenuto che alcuni grandi progetti
tecnologici erano altamente remunerativi e assolutamente sicuri; la
realtà ha purtroppo dimostrato il contrario. Gli investimenti per grandi
opere non giustificate da una effettiva domanda, lungi dal creare
occupazione e crescita, sottraggono capitali e risorse all’innovazione
tecnologica, alla competitività delle piccole e medie imprese che
sostengono il tessuto economico nazionale, alla creazione di nuove
opportunità lavorative e alla diminuzione del carico fiscale. La nuova
linea ferroviaria Torino-Lione, con un costo totale del tunnel
transfrontaliero di base e tratte nazionali, previsto intorno ai 20
miliardi di euro (e una prevedibile lievitazione fino a 30 miliardi e
forse anche di più, per l’inevitabile adeguamento dei prezzi già
avvenuto negli altri tratti di alta velocità realizzati), penalizzerebbe
l’economia italiana con un contributo al debito pubblico dello stesso
ordine all’entità della stessa manovra economica che il Suo Governo ha
messo in atto per fronteggiare la grave crisi economica e finanziaria
che il Paese attraversa. è
legittimo domandarsi come e a quali condizioni potranno essere reperite
le ingenti risorse necessarie a questa faraonica opera, e quale sarà il
ruolo del capitale pubblico».
«Alcune stime fanno pensare che grandi
opere come Tav e ponte sullo stretto di Messina in realtà nascondano
ingenti rischi per il rapporto debito/Pil del nostro Paese, costituendo
sacche di debito nascosto, la cui copertura viene attribuita a capitale
privato, di fatto garantito dall’intervento pubblico.
Sostenibilità e democrazia.
La sostenibilità dell’economia e della vita sociale non
si limita unicamente al patrimonio naturale che diamo in eredità alle
generazioni future, ma coinvolge anche le conquiste economiche e le
istituzioni sociali, l’espressione democratica della volontà dei
cittadini e la risoluzione pacifica dei conflitti. In questo senso,
l’applicazione di misure di sorveglianza di tipo militare dei cantieri della nuova linea ferroviaria Torino-Lione
ci sembra un’anomalia che Le chiediamo vivamente di rimuovere al più
presto, anche per dimostrare all’Unione Europea la capacità dell’Italia
di instaurare un vero dialogo con i cittadini, basato su valutazioni
trasparenti e documentabili, così come previsto dalla Convenzione di Århus».
«Per queste
ragioni», termina la lettera-appello a Monti, «Le chiediamo rispettosamente di rimettere in discussione in
modo trasparente ed oggettivo le necessità dell’opera.
Non ci sembra
privo di fondamento affermare che l’attuale congiuntura economica e
finanziaria giustifichi ampiamente un eventuale ripensamento e
consentirebbe al Paese di uscire con dignità da un progetto inutile,
costoso e non privo di importanti conseguenze ambientali, anche per
evitare di iniziare a realizzare un’opera che potrebbe essere completata
solo assorbendo ingenti risorse da altri settori prioritari per la vita
del Paese.
Con viva cordialità e rispettosa attesa».
A cura di Alberto Chiara