10/03/2012
Un treno entra nella stazione di Saint-Jean-de-Maurienne, in Francia. Foto di Paolo Siccardi/Sync.
Saint-Jean-de-Maurienne
Nessuna scritta ostile, nessuna bandiera con il treno cancellato da due tratti rossi. Sotto il cartello che ne riporta il nome, Saint-Jean-de-Maurienne offre semmai idee per un rilassante fine settimana. Locandine di ordinaria pubblicità: pub, rappresentazioni teatrali, notti bianche musicali. Ce n’è per tutti i gusti. La vita scorre tranquilla. Una donna esce con il carrello della spesa gonfio di cibo dal centro commerciale Marché de Savoie. Un gruppo di giovani chiacchiera ai piedi della statua che ricorda François-Emmanuel Fodéré, uno dei padri dellamoderna medicina legale francese. La Police nationale e la Gendarmerie si limitano al lavorodi routine. Non hanno manifestanti da fronteggiare né barricate da rimuovere.
«E io, come un po’ tutti qui, non riesco a capire
quel che accade di là», sorride amaro Giuseppe
La Serra, servendo un caffè nel suo
bar, proprio all’inizio di rue du Collège. Il «di
là» misura più di 50 chilometri, ma meno di
cento, risale la valle bagnata dall’Arc, attraversa
le Alpi e scende costeggiando il Cenischia,
prima, e la Dora Riparia, poi, fin dalle parti di
Susa. «Blocchi, violenze, scontri. Non comprendo,
davvero», scuote la testa La Serra,
stretto tra la nostalgia per la sua patria d’origine
e l’amore per la terra che l’ha accolto.
«Sono un calabrese emigrato in Francia 43
anni fa», spiega. «Ho cominciato facendo il
muratore, ho avuto una piccola impresa edile,
ora ho questo locale. A Saint-Jean-de-
Maurienne c’erano 27 fabbriche d’alluminio,
ne è rimasta una, rilevata dalla Rio Tinto,
la multinazionale anglo-australiana. La
crisi da queste parti non è uno scherzo. La
nuova linea ad alta velocità porterà sviluppo,
ne sono convinto. Danni per l’ambiente?
Ma se togliamo i camion dalle nostre strade
non respireremo tutti meglio?».
Il centro di Sain-Jean-de-Maurienne. Foto di Paolo Siccardi/Sync.
Saint-Jean-de-Maurienne sta alla Francia
come Susa sta all’Italia. Se e quando l’alta velocità
diventerà realtà, i treni imboccheranno
il grande tunnel di 57 chilometri nella prima
per sbucare nella seconda, e viceversa. È previsto
che entrambe ospitino stazioni di rango
internazionale. D’altronde entrambe sono a
modo loro capitali. Vantano storia, vestigia
e arte plurisecolari. Il sindaco di Saint-Jean-de-
Maurienne si chiama Pierre-Marie Charvoz.
Esponente del Centrodestra, nel marzo
2008 è riuscito a strappare il Comune ai socialisti,
che in valle sono da sempre ben posizionati.
«Superata in qualche modo la crisi degli
anni ’70 e ’80, che ha fatto perdere alla nostra
valle 7-8 mila posti di lavoro nel comparto industriale,
ci siamo diversificati e ripresi; poi è
arrivata l’ultima bufera economico-finanziaria
», precisa il sindaco, quando affronta l’argomento.
«Abbiamo puntato ovviamente molto
sul turismo, in quindici anni abbiamo triplicato
i posti letto passati da 40 mila a oltre
120 mila preservando la bellezza caratteristica
delle nostre montagne e delle nostre borgate.
La nuova linea Lione-Torino è un’opportunità
eccezionale».
François Pelletier. Foto di Paolo Siccardi/Sync.
«In queste zone il dialogo è partito per tempo,
ha dato voce a tutti e ha ottenuto frutti
che mi sembrano buoni», commenta Xavier
Darmendrail, responsabile dei rapporti con
il territorio della Lyon Turin ferroviarie (Ltf), la società alla quale è stato affidato il compitodi progettare e realizzare il tratto transfrontaliero.«Noi
francesi abbiamo la rivolta nel sangue ma siamo rivoluzionari solo
atratti, oggi no», interviene scherzando François Pelletier,
responsabile del settore comunicazione di Ltf. Subito dopo,
serio:«All’inizio degli anni ’90 dure proteste, in particolarecontro il
prolungamento della lineaferroviaria ad alta velocità tra Lione a
Marsiglia,hanno portato la Francia a darsi regolenuove in fatto di opere
pubbliche».
«Nel 1993, con un partecipato dibattito abbiamo anticipato quello che
avrebbe previstola legge Barnier del 1995 istituendo un’autorità
amministrativa indipendente chiamata Commission nationale du débat
public», precisa Darmendrail. «Nel 2006, poi, dal 23 maggio al 30
giugno, presso i 16 Comunidella Valle della Maurienne sono stati
depositatii documenti dell’“inchiesta pubblica” redatti sulla base del
progetto preliminare e dello studio di impatto ambientale. Per oltre un
mese è stata favorita una capillare conoscenza dell’opera e
l’elaborazione di commenti, critiche, proposte di varianti. Dopo il
parere favorevole della Commissione d’inchiesta e del Consiglio di
Stato, il 18 dicembre 2007 il primo ministro François Fillon ha firmato
ladichiarazione di “pubblica utilità”».
«A Villarodin-Bourget/Modane, a La Praz ea Saint-Martin-la-Porte sono
già state realizzate tre discenderie», riprende Pelletier. «Sitratta
delle tre gallerie di grandi dimensioniche hanno permesso di conoscere
meglio il terreno. Durante i lavori del tunnel, serviranno a
moltiplicare i fronti d’attacco e, una volta realizzata l’opera, ne
assicureranno la ventilazione, garantendo infine l’accesso delle squadre
di manutenzione o, se necessario, di soccorso. Questi cantieri hanno
creato 400 posti di lavoro durati cinque-sei anni; quelli del tunnel di
base ne creeranno fino a 2.500 per circa un decennio, cui si devono
aggiungere altri mille posti sul versante italiano. Senza contare i
benefici per bar, ristoranti, hotel, locandee negozi di varia natura».
Xavier Darmendrail. Foto di Paolo Siccardi/Sync.
«Tra i 9 mila abitanti di
Saint-Jean-de-Maurienne, che diventano 45 mila se si consideral ’intera
valle, ci sono ovviamente coloro che sono radicalmente contrari alla
nuova linea, ma sono pochissimi», conclude a sua volta Darmendrail.
«Pure qui c’è chi parte con il contestare la Lione-Torino per attaccare
frontalmente il sistema liberista, l’attuale modello di sviluppo e il
Governo in carica, insomma un po’ No Tav, un po’ Movimento degli
Indignati, un po’ Occupy Wall Street. Sinistra e ambientalisti, da
sempre favorevoli a spostare il traffico merci dalla gomma alla rotaia,
non fanno però mancare il loro appoggio. Il dialogo tiene. E serve a
migliorare le cose. In un primo tempo sembrava che a
Saint-Jean-de-Mauriennesi dovesse abbattere l’attuale centro di
soccorso, caserma dei Vigili del fuoco inclusa, alla fine, invece, s’è
trovata una soluzione differente. Nell’area di Saint-Jean sono state
avviate e procedure d’esproprio che riguarderanno in tutto 50 case e 40
tra imprese e negozi. Solo per gli espropri di Saint-Jean-de-Maurienne,
a fronte delle domande presentate dai privati sono stati finora
stanziati 22 milioni, per quelli da fare in valle ce ne vorranno 65 in
tutto; altri 146 milioni circa saranno necessari per gli interventi
mirati di tutela o di ripristino ambientale».
Mario Virano, Commissario straordinario del Governo italiano per l'asse ferroviario Torino-Lione. Foto di Paolo Siccardi/Sync.
«Anche da noi ci sono stati e ci sono luoghie tempi per discutere,
confrontandosi», commenta Mario Virano, commissario straordinariodel
Governo italiano per l’asse ferroviario Torino-Lione. «Da quando è
stato istituito nel dicembre 2005, all’indomani degli scontri di Venaus,
il Tavolo istituzionale di Palazzo Chigi s’è riunito 7 volte, mentre
l’Osservatorio ha registrato ben 182 sedute plenarie, senza contare le
riunioni dei 30 gruppi di lavoro e le centinaia di audizioni di esperti,
60 dei quali stranieri. Si è partiti coinvolgendo 63 sindaci, quello di
Torino incluso, perché il progetto a quell’epoca prevedeva interventi
in Val di Susa, Val Sangone e nell’area metropolitana del capoluogo
piemontese; di essi, 23 si sono chiamati fuori perché contrari a farel
’opera. Le ultime decisioni prevedono di cominciare i lavori nella
tratta transfrontaliera, rimandando a epoche successive il proseguimento
dell’opera, dopo adeguata verifica dei flussi e delle attese di
traffico. Bene: i due principali Comuni che saranno interessati dai
cantieri, cioè Susa e Chiomonte, sono impegnati a dialogare. Venaus,
Mompantero e Giaglione, tre Comuni solo amministrativamente interessati
per piccoli lembi del loro territorio, la linea passerà infatti 50 metri
sottoterra, mantengono la loro contrarietà».
«Per i 57 chilometri del tunnel e per gli snodi, stazioni
internazionali incluse, di Susa e di Saint-Jean-de-Maurienne la spesa
complessiva prevista è di 8,5 miliardi di euro; l'Europa concorrerà per
il 40 per cento; il rimanente 60 per cento è diviso tra Italia ( 57,9
per cento) e Francia (42,1)», conclude Mario Virano. «Per il nostro
Paese ciò significa 2,8 miliardi, una cifra che il presidente del
Consiglio Mario Monti ha giudicato congrua e sostenibile, ribadendo la
necessità dell’opera per rafforzare il legame dell’Italia con il resto
del continente. Ribadisco che la Commissione europea, cioè il massimo
organismo di governo, non solo non ha abbandonato il progetto, ma -
nell’ottobre 2011 - l’ha inserito nelle dieci priorità infrastrutturali.
La Torino-Lioneè compresa nel corridoio ferroviario che da Budapest
porterà a Algeciras, in Spagna, e se un giorno si costruirà un tunnel
sotto lo stretto di Gibilterra, permetterà di viaggiare in treno
dall’Europa all’Africa».
A cura di Alberto Chiara