05/02/2011
Il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto, al centro, in una della sue visite alle truppe italiane schierate in Afghanistan.
Servono alla pace: le missioni che vedono schierati all'estero militari italiani aiutano a rialzarsi Paesi finiti in ginocchio. Guido
Crosetto (Pdl), sottosegretario alla Difesa, replica al senatore Gian Piero Scanu
(Pd) e a Nino Sergi (Intersos): «L’Italia muove i
suoi soldati fuori dai propri confini nel rispetto della Costituzione,
nell’ambito delle alleanze di cui fa parte e con l’unico obiettivo di garantire
la sicurezza, elemento indispensabile per la ricostruzione e lo sviluppo delle
terre dilaniate da conflitti».
«Lo cosa che mi
disturba di più non è la polemica in quanto tale, ben venga il confronto tra le
idee, anche ruvido se è il caso, ma il
fatto che spesso gli strali vengono
lanciati da chi non è stato nei luoghi di cui parla; io, invece, soltanto
in Afghanistan sono stato una trentina di volte in tre anni, e ho visto con i
miei occhi i cambiamenti: tutti positivi, mi creda», punge Crosetto.
«Si
prenda Herat, ad esempio», spiega il sottosegretario alla Difesa. «Per anni la
città era decisamente insicura. Avventurarsi fuori dalla base, cresciuta a
ridosso dall’aeroporto era un’impresa. Ora si circola con tranquillità. E
vogliamo parlare del Nordovest? Quando arrivò la Folgore, la base operativa
avanzata di Bala Murghab era l’inizio e la fine della presenza della coalizione
occidentale, costantemente sotto tiro degli insorti; i paracadutisti prima, i fanti
della Sassari poi e quindi gli alpini della Taurinense e della Julia hanno via
via allargato la cosiddetta bolla di sicurezza che adesso ha un diametro di
diversi chilometri. Oltre diecimila afghani hanno potuto fare ritorno alle loro
case. Questo non è far la guerra, non è conquistare territorio, non è
imperialismo: è applicare fino in fondo il mandato di Isaf».
Ma in Afghanistan si spara sempre di più. «Direi
piuttosto che stiamo sempre meno nelle caserme e sempre più sul territorio»,
osserva Guido Crosetto. «La cosa non
garba agli insorti che replicano attaccandoci. Quando i nostri mettono mano alle armi è per difendere sé
stessi o la popolazione; la qual cosa risponde alla lettera e allo spirito di
Isaf. Nessun appiattimento su Enduring freedom. Anche la tanto discussa questione dei caveat, ovvero la possibilità di decidere come reagire in maniera adeguata ad attacchi entro sei ore
e non più entro trentasei, si giustifica con le esigenze di legittima difesa».
«Conviene non
dimenticare il recente passato», prosegue il sottosegretario alla Difesa. «La forza di intervento internazionale
denominata “International security assistance
force” (Isaf), ha il compito di garantire un ambiente sicuro a tutela della
legittima autorità afghana, e trae legittimazione dalla risoluzione 1386 che il Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite votò il 20 dicembre 2001. Iniziata come missione
multinazionale, dall'agosto 2003 è passata alle dipendenze della Nato. In tale
quadro politico-giuridico, l'Italia ha poi preso la responsabilità del Comando della
regione Ovest, con base a Herat. Nulla di più, nulla di meno. Il tanto citato articolo 11 della
Costituzione, che rispettiamo appieno, nella sua seconda metà “consente, in condizioni di
parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e
favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Siamo in
Afghanistan in ambito Onu e Nato: non basta?».
Crosetto contesta infine che il Governo
curi solo l’aspetto militare a danno degli aiuti alla popolazione. «Solo
per i progetti di ricostruzione e di sviluppo della regione di Herat vengono
spesi 30 milioni di euro all’anno», conclude il sottosegretario. «Scuole,
ospedali, strade, ponti vanno bene se
sono costruiti dalle Organizzazione non governative e non vanno bene per niente
se vengono realizzati dagli appositi reparti delle Forze armate?».
Alberto Chiara