Biodiversità, un weekend nelle oasi

Oasi, riserve naturali e fondali marini: dal 18 al 22 maggio le iniziative del Wwf per festeggiare la meraviglia della natura in primavera. Il dossier sull'inquinamento delle coste.

Coste, l'allarme del Wwf

18/05/2012
(Foto Wwf)
(Foto Wwf)

Un litorale lungo 8.000 chilometri costellato di infrastrutture, porti, stabilimenti balneari, compromesso dall’erosione costiera e dall’inquinamento, con un sistema di aree marine che sono “protette” solo sulla carta, parchi nazionali costieri mai nati e una cronica mancanza di fondi che rischia di relegare le aree protette a una funzione meramente burocratica. È la fotografia scattata dal nuovo dossier del Wwf “Coste: il profilo fragile dell’Italia”.

I primi dati dello studio a inizio campagna presentavano i nostri litorali affollati da 638 comuni costieri e 30 milioni di italiani, colpiti da erosione costiera per il 42%, costeggiati da un “lungomuro” di cemento che conta in media uno stabilimento balneare ogni 350 metri (12.000 in tutto), interessati da 28 dei 57 siti di bonifica industriale d’interesse nazionale. I nuovi dati, presentati questa settimana, puntano il dito sui porti e qualità delle acque.

In Italia infatti si conta un porto ogni 14,2 chilometri di costa per un totale di 525 fra turistici e commerciali, approdi e darsene (con un incremento di di oltre il 7,6% tra il 2007 e il 2011), con picchi in Friuli Venezia Giulia e Veneto, che contano un porto ogni 2,6 km e 3 km di costa, tanto che l’Italia è al terzo posto in Europa per il peso totale dei beni movimentati nei porti UE (13,6%) dopo Olanda e Regno Unito (classifica nella scheda).

(Foto Wwf)
(Foto Wwf)

Sul fronte del petrolio, la metà del greggio che arriva nel Mediterraneo (9 milioni di barili di greggio ogni giorno) viene scaricato nei porti petroli italiani (14 scali petroliferi, 3 dei quali sono quelli principali: Genova, Trieste, Venezia). Sono 9 le raffinerie situate sulla costa (Marghera, Falconara, Taranto, Livorno, Augusta, Priolo, Milazzo, Sarroch e Gela) ed è l’Italia ad avere il primato del greggio versato nei principali incidenti che si sono succeduti in 25 anni, con 162.200 le tonnellate sversate nelle acque territoriali italiane, seguita dalla Turchia (con quasi 50.000 tonnellate) e dal Libano (29.000). Mentre sul fronte dei depuratori, ben 18 milioni di cittadini, pari al 30% della popolazione italiana, non sono serviti dalla depurazione delle acque reflue, mentre un impianto su 4 sarebbe irregolare. Non a caso il nostro Paese è stato chiamato a rispondere dalla Corte di Giustizia europea. Eppure gli strumenti di tutela ci sarebbero: oltre alle Convenzioni internazionali, le Direttive Comunitarie, le Norme nazionali e regionali, si contano in Italia 7 Parchi Nazionali costieri, 27 Aree Marine Protette, 51 Zone Ramsar, senza contare 378 Siti di Interesse Comunitario, 114 Zone a Protezione Speciale, 150 SIC a mare, e il nostro Paese è lo stato mediterraneo con il maggior numero di Aree Marine Protette. Ma questo impianto di tutela è tale solo sulle carte, perché mancano strategie complessive, atti d’indirizzo efficaci, una coopianificazione Stato-Regioni, mancano fondi e quelli disponibili non sono ben gestiti, mentre la rete dei controlli è sempre più debole nonostante gli sforzi degli organi preposti.

(Foto Wwf)
(Foto Wwf)

Per questo il Wwf ha presentato al ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, dieci richieste che riguardano da un lato la diminuzione della pressione sulle coste già edificate, dall’altro una gestione naturalistica ed ambientale efficace per le aree che si sono salvate. Bisogna, in sostanza, estendere il vincolo paesaggistico sulle coste, arrivare a una moratoria delle nuove edificazioni e a una ricognizione delle concessioni degli stabilenti balneari. È necessaria, ricorda l'associazione, la bonifica delle aree industriali costiere inquinate e un migliore utilizzo degli strumenti normativi esistenti. “Anche in una situazione di difficoltà economica come quella attuale, la tutela delle nostre coste è necessaria e possibile, trovando in un nuovo rapporto tra Stato e Regioni la capacità di realizzare un piano di intervento a lungo termine su cui investire fondi comunitari” afferma Adriano Paolella, direttore generale del Wwf.

Gabriele Salari
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