20/12/2010
Non esiste una soluzione miracolosa. L’acqua bene comune dell’umanità, un
principio che deve essere declinato: dobbiamo imparare a difenderla e a
condividerla. Considerare il problema della scelta del modello gestionale come la
questione numero uno ci fa perdere di vista la dimensione universale di un bene
che deve essere di tutti e per tutti. “L’acqua è un bene comune non una merce”
è uno slogan facile, che colpisce la parte emozionale dei nostri pensieri ma
che purtroppo non aiuta ad affrontare il nodo economico del finanziamento
posto, con tutti i suoi limiti, dal rapporto Camdessus. Applicare una tariffa
per coprire i costi, compresi quelli finanziari, (un mutuo per costruire un
impianto di depurazione…) non è di per se una scelta che implica l’adesione a
un modello piuttosto che a un altro. Occorre sicuramente un approccio più
laico. Certamente il primato della finanza sull’economia reale preoccupa ed è
giusto immaginare delle dighe contro il dilagare della speculazione. Io credo
che si tratti di comprendere la natura della sostanza con cui abbiamo a che
fare. Se riusciremo ad affermare il valore della vita intimamente legato
all’acqua, se riusciremo a riconoscere la sacralità dell’acqua contro ogni
tentativo di farne uno strumento per l’arricchimento di pochi a spese delle
moltitudini assetate, avremo posto le condizioni per condividere un bene comune
dell’umanità.
Relazione presentata alla Pontificia Accademia delle Scienze nell'ambito del convegno internazionale Water is life, Roma 18 dicembre, 2010.
Giuseppe Altamore