Calcio, ultrà arrestati: "Era ora!"

È la reazione che rischia di seppellire ogni commento sull'arresto di tre ultrà del Bari. Perché finalmente smette di essere tollerata l'illegalità di un certo tifo violento.

Sperare in una catarsi del sistema calcio è troppo

10/05/2012
 Raffaele Lo Iacono e, in basso, Roberto Sblendorio, due dei tre capi ultrà del Bari arrestati 10 maggio 2012, in una foto del 24 marzo 2012, scattata durante l'incontro Bari-Juve Stabia allo stadio San Nicola di Bari (Ansa).
Raffaele Lo Iacono e, in basso, Roberto Sblendorio, due dei tre capi ultrà del Bari arrestati 10 maggio 2012, in una foto del 24 marzo 2012, scattata durante l'incontro Bari-Juve Stabia allo stadio San Nicola di Bari (Ansa).

Di fronte all’arresto - due in carcere, uno ai domiciliari - di tre ultrà (o ultras, decida ognuno a piacere, anzi a dispiacere, considerata la bruttezza, comunque, della notizia) della squadra di calcio del Bari, accusati di violenze sui loro stessi giocatori, esercitate al fine di alterare i risultati delle partite, i vari bla-bla-bla che uno può frequentare, rimbalzando dal garantismo spinto al legalitarismo magari più spinto ancora, rischiano di venire seppelliti da un grido magari non unanime, ma sicuramente fortissimo: ERA ORA!

Alberto Savarese, uno dei tre capi ultrà del Bari arrestati il 10 maggio 2012 (Ansa).
Alberto Savarese, uno dei tre capi ultrà del Bari arrestati il 10 maggio 2012 (Ansa).

Non per l’odiosità del reato, no: se ne commettono di ben più gravi, anche nel mondo del pallone. Non per la tempestività dell’azione giudiziaria, no: sono passati mesi e mesi dai fattacci incriminati, dei quali peraltro si parlava da molto tempo, dunque niente a che vedere con l’invidiata giustizia inglese che a poche ore dalle partite inquinate dalla violenza ultrà emette sentenze e fa eseguire pene.

Non per il collegamento con Scommessopoli, con l’inchiesta calcistica arrivata ai primi rinvii a giudizio, argomentando una collaborazione piena fra giustizia ordinaria e giustizia sportiva, ognuna intenta a facilitare il lavoro dell’altra, no: casomai la giustizia sportiva può temere che questa iniziativa distragga dal resto del marciume e catalizzi l’indignazione in zone lontane da quelle dove “abitano” i conduttori del perfido gioco delle puntate su partite truccate.

Non perché si segnalano a Bari quasi epicamente giornalisti forti, che hanno saputo sfidare gli ultrà segnalando certi fatti e collaborando, benché minacciati pesantemente, con le forze dell’ordine, no: ammiriamo ed applaudiamo i colleghi, come il mondo del calcio ha ammirato e applaudito Farina, il calciatore del Gubbio che ha denunciato la combine in cui volevano invischiarlo, ma l’etica (che in molti esiste) non deve essere confusa con l’eroismo.

L’ERA ORA! si riferisce invece, secondo noi, alla constatazione che un certo mondo violento del cosiddetto tifo per la prima volta vede frantumata la sua armatura di illegalità tollerata, di anarchia concessa e spesso anche premiata, di abuso di libertà travestito da passione, di impunità, di immunità addirittura, di fronte al codice o ai suoi guardiani che troppe volte hanno dovuto accettare, per non dire certificare, lo stadio e i dintorni come un territorio”extra”, dove non è reato quello che altrove, per il codice, indiscutibilmente lo è.

E frantumata non da una giustizia occasionalmente iperattiva perché messa sotto pressione da fatti tragici “caldi” e vistosi, come un accoltellamento nel tempo appena intorno o addirittura dentro a quello della partita, ma fatta muovere, questa giustizia, da una inchiesta attenta, che prima di agire sembra avere indagato bene i fatti, vagliato attentamente le colpe, ascoltato e confrontato le testimonianze. Al limite, gli ultrà veri, quelli che fanno tifo acceso ma pulito, quelli che sanno segnalarsi spesso per azioni di solidarietà umana, di beneficenza, di volontariato, quelli che scrivono belle poesie d’amore per il calcio e spiritosi striscioni sul calcio, dovrebbero essere contenti. Il loro territorio viene delineato meglio, viene difeso proprio dalla requisizione coatta del territorio altrui, o di quelle parti di esso che sono state vergognosamente inquinate.

Certo che sperare in una catarsi del sistema calcio è troppo. Così come sperare che all’estero apprezzino questi interventi. Infatti, per essere sempre italiani sino in fondo, il che troppo spesso vuol dire essere poco seri, il crimine stavolta è contorto e gaglioffo, è insomma molto “de noantri”: far violenza sui giocatori della squadra beneamata perché perdano alcune (altre) partite e così gli ultrà, che scommettono sulle sconfitte “artificiali”, teoricamente terribili per essi da sopportare, possano far soldi… Roba da Pirandello del calcio, roba tanto nostra. E se si vuole è anche curioso che tante cose “da svolta” accadano a Bari e dintorni: le escort da sollazzi vari per il presidente del consiglio, le cozze e le spigole corruttrici per il sindaco, gli scandali della sanità, gli intrallazzi politici e affaristici più arzigogolati, i crimini da salotto (con plastico) di Bruno Vespa. La città di Antonio Cassano, tanto per stare ad una connotazione calcistica, non merita questa identità speciale e balorda.

E adesso, messo avanti, nero su bianco, anche l’interrogativo su cosa potrà ancora succedere, in questa inchiesta come nel nostro calcio tutto dove l’Italia pallonara delle signorie (così la chiamava Bearzot sottoposto a pressioni locali per fare azzurro Tizio e Caio) aspetta le prime sentenze di Scommessopoli per scendere nelle piazze, auspichiamo giustizia rapida,completa, giusta insomma, e speriamo che non ci debba più scappare il punto esclamativo – uno sfogo, ma anche una sorta di ammissione di colpevole debolezza pregressa - dell’ERA ORA!.

                                                                                           Gian Paolo Ormezzano

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