05/05/2013
La festa allo stadio si è poi trasferita in città (Reuters).
Il salotto buono, innanzitutto: piazza San Carlo s'è andata riempiendo man mano che gli ultimi minuti della partita Juventus-Palermo scivolavano via veloci. Se alle 17 c'era solo una bancarella piena zeppa di bandiere d'ogni misura, alle 17,15 la chiesa di San Carlo, quella di Santa Cristina e gli altri severi edifici barocchi dell'elegante centro del capoluogo piemontese osservavano ormai centinaia di tifosi scatenati. Come tradizione, attorno al Caval 'd Brons ecco crescere cori e danze.
Alle 17,45 via Roma era già un fiume in piena. Giovani, ma soprattutto famiglie. Una festa di popolo. In queste ore, nel centro di Torino la matematica si dissolve in fede. Granitica. Indiscutibile. Tutto - slogan, scritte, magliette, poster - celebra lo scudetto numero 31. Alla luce dei verdetti della giustizia sportiva a dire il vero sono 29. Ma in questa giornata speciale contano gli scudetti vinti sul campo. Le brutte pagine di Calciopoli, i processi, le condanne, sono incubi lontani. Almeno qui, all'ombra della Mole Antonelliana. Ora è tempo di gioia.
Un lento intreccio di auto sta segnando le vie d'accesso al centro: corso Francia fino a piazza Statuto, il lungo Po fino a piazza Castello, corso Vittorio Emanuele fino alla stazione di Porta Nuova. Sotto i portici viene venduta l'edizione speciale che il quotidiano La Stampa ha preparato a tempo di record. Dalle vetrine si scrutano gli schermi che rimandano le immagini del canale, il 252, che Sky dedica alla festa scudetto. Gli sguardi di tutti, però, fanno a gara per intercettare il pullman scoperto su cui la squadra sta attraversando a passo d'uomo la città: partenza dal parco più famoso, il Valentino; arrivo a notte fatta in piazza Solferino.
Torino, 5 maggio 2013. Tifosi juventini in Piazza Castello. Foto Ansa.
In mezzo, un'ampia porzione urbana imbandierata a festa: corso Cairoli, piazza Vittorio, via Po, piazza Castello, via Pietro Micca. Sembra d'essere tornati alla seconda metà degli anni Settanta quando gli scudetti arrivavano a grappolo. Rispetto a quella di allora, però, la Torino di oggi non deve fare i conti con la violenza e il terrorismo. E questo è un bene. Per alcuni profili, tuttavia, oggi è peggio di allora. Torino infatti è sicuramente una città economicamente sfinita per il protrarsi della crisi dell'auto (in Fiat migliaia di dipendenti continuano a dover tirar avanti con gli 800 euro della cassa integrazione) e socialmente disorientata (l'essere diventata più bella e più conosciuta, dopo le Olimpiadi invernali del 2006, non le ha ancora plasmato un'identità definita). L'assordante rumore dei clacson copre una strisciante angoscia esistenziale che uno scudetto non basta da solo a calciare via lontano.
Alberto Chiara
a cura di Paolo Perazzolo e Annachiara Valle