05/05/2013
Andrea Pirlo, un campionato da applausi (Reuters).
Non sa quando taglierà la barba ma ha deciso che dirà addio alla Nazionale dopo il Mondiale del 2014 in Brasile. Allora avrà 35 anni e, secondo lui, ci sono tanti giovani che meritano di prendere il suo posto. Per quanto riguarda le squadre di Club, non si pronuncia. Appenderà scarpini e cuore al chiodo quando non sarà più decisivo in campo. Per la prima volta Andrea Pirlo, “il calciatore di tutti”come lo definisce Cesare Prandelli, si racconta in un libro Penso, quindi gioco (Mondadori). La prefazione è proprio del Mister della Nazionale che, già tantissimi anni fa, riconobbe in lui un super campione. Erano i tempi in cui militava nella categoria Giovanissimi del Brescia ed era un mingherlino di due o tre anni più giovane rispetto ai suoi compagni.
E' al suo quarto scudetto: hanno tutti e quattro lo stesso valore?
“Uno scudetto è come un diamante. Non ne esiste uno uguale a un altro, eppure sono tutti belli alla stessa maniera”.
Ha elogiato pubblicamente Antonio Conte. E' l' allenatore con cui si è trovato meglio?
“A livello di rapporti umani, Carlo Ancelotti resta insuperabile. Antonio Conte, però, è per distacco quello che mi ha stupito di più, in positivo. Non stacca mai, non molla niente, si arrabbia anche quando stiamo vincendo 4-0. Al suo primo giorno da allenatore della Juventus ci ha convocati tutti in palestra, facendo un discorso molto semplice: “Sono appena arrivato, ma la Juventus è reduce da due settimi posti consecutivi. Vi dico solo una cosa: smettiamola di fare schifo”. Ci ha conquistati così".
Ha rischiato più volte di andare a giocare all'estero. Ha qualche rimpianto?
“Zero rimpianti, anche perchè all’estero prima o poi ci finirò. Magari neanche fra troppo tempo. Negli anni sono stato molto vicino a Barcellona, Chelsea e Real Madrid. Poteva andarmi peggio”.
Il calciatore che ammira di più? E chi vorrebbe avere in squadra?
“Rispondo dicendo che il mio primo idolo è stato Lothar Matthaeus, il primo giocatore che ho ammirato e amato. In squadra non mi dispiacerebbe avere Zlatan Ibrahimovic: dove va, vince”.
La descrivono come timido e schivo ma i suoi compagni non la pensano
così... E' vero che Rino Gattuso è stato il compagno di squadra preso
più di mira?
“Sì, gliene ho combinate di tutti i colori. Una volta mi sono chiuso
nell’armadio di camera sua, in ritiro a Coverciano, e quando si è
addormentato sono saltato fuori urlando. Ha rischiato l’infarto”.
Il suo passatempo preferito in ritiro?
“La playstation. Restano quasi leggendarie le mie sfide con Alessandro
Nesta. Lui sceglieva il Barcellona, io anche”.
Andrea Pirlo è un campione trasversale, capace di portare il tifoso
oltre il concetto di tifoso per una sola squadra, lei tifa ancora Inter?
“Quando giochi tifi per la squadra in cui lavori...”.
Più volte si è confrontato con l'invidia, anche degli stessi compagni.
Le sue prime lacrime...
“Giocavo nelle giovanili del Brescia, i miei compagni non mi passavano
la palla perché ero più bravo di loro. Sono scoppiato a piangere, in
mezzo al campo, non riuscivo a smettere. Comunque, non conosco un uomo
che almeno una volta non abbia pianto. Fa bene, è la reazione di una
persona sincera”.
Ha mai pensato di smettere perché demotivato?
“Dopo la finale di Champions League persa con il Milan a Istanbul,
contro il Liverpool. Ci ho pensato, sì, ma se avessi smesso avrei perso
tante cose belle per strada. Gli scudetti con la Juventus ad esempio”.
Il ricordo più bello e più triste di questi anni...
“Il più bello non è sportivo, è la nascita dei miei due figli. Per
quanto riguarda la tristezza, devo ripetermi: la notte di Istanbul è
stata da incubo. Io quel Milan-Liverpool non sono mai riuscito a
rivederlo”.
Se guarda il futuro si vede allenatore o manager?
“Più manager che allenatore. Mio padre ha un’azienda siderurgica e una
che produce vini, io mi interesso molto a entrambe. E poi mi occupo di
compravendita di immobili. Insomma, se qualcuno è ancora schiavo dello
stereotipo del calciatore che quando smette non sa cosa fare, si sbaglia
di grosso”.
Ha trasformato la famosa frase di Cartesio "Cogico Ergo Sum" in “Penso,
quindi gioco... E' questo il suo segreto, oltre alla fortuna di avere
due piedi d'oro?
“Ho la testa. Non vedo perché non dovrei usarla quando lavoro”.
Ha due splendidi bambini: seguono il calcio? Che papà è?
"Nicolò e Angela. Diciamo, più che il calcio seguono il papà. Nicolò
gioca da ala sinistra: almeno uno che corre veloce in famiglia c’è.
Credo di essere un papà molto presente, nonostante gli impegni
sportivi”.
Avere una famiglia che l'ha sempre sostenuta è stato importante per la
sua carriera? “Fondamentale. La famiglia è il primo dei valori”.
I calciatori sono spesso degli esempi da seguire per i giovani, nel
bene e nel male. Si sente addosso questa responsabilità?
“Tutti i giorni, anche in allenamento. Il complimento più bello che ho
ricevuto è stato quello di un papà. Indicandomi, ha detto a suo figlio:
“Guardalo. Spero che da grande tu possa diventare come lui. Non come
calciatore, ma come persona”. Un complimento senza prezzo”.
Nella sua bacheca manca il Pallone d'Oro...
“E sempre mancherà. Quello lo vincono gli attaccanti. Però mi consolo
con il Mondiale del 2006. E dentro di me, ho una convinzione: vincerò
quello del 2014!".
Monica Sala
a cura di Paolo Perazzolo e Annachiara Valle