Anche l'Italia sfrutta i minori

Alla vigilia della Giornata in ricordo della schiavitù e della sua abolizione, Save the Children diffonde il dossier "I piccoli schiavi invisibili". La grave situazione del nostro Paese

In Italia: sesso e lavoro nero

21/08/2012

A partire dall’esperienza diretta di Save the Children, desta particolare preoccupazione l’elevata esposizione al rischio di tratta e sfruttamento delle migliaia di minori non accompagnati sbarcati sulle coste italiane. È questo il caso delle giovani nigeriane giunte fra il 2011 e l’agosto 2012 via mare, alcune delle quali si sono ritrovate vittime di uno sfruttamento sessuale su strada che nel nostro Paese non solo si dimostra come un fenomeno cronico, ma si segnala in crescita. I gravi rischi di sfruttamento riguardano anche i circa 1.300 afgani che per loro volontà sono solo “in transito” nel nostro Paese e quindi “invisibili”, o i circa 900 minori egiziani giunti in Italia tra il 2011 e il 2012 con un oneroso debito di viaggio, da saldare in fretta, e il desiderio di aiutare le famiglie di origine: tutti entrati in contatto con Save the Children al momento dello sbarco o successivamente.

 

 

La tratta a scopo sessuale

Secondo le evidenze e informazioni raccolte dagli operatori che lavorano in tale ambito, lo sfruttamento sessuale di minori su strada è un fenomeno non solo stabile ma addirittura in crescita (fonte: On the Road), soprattutto per le minori rumene e nigeriane. Nel caso di queste ultime, le associazioni che operano in alcune aree della penisola come Marche, Abruzzo, Molise e nel napoletano, segnalano un aumento delle giovani coinvolte, collegato all’ingresso in Italia durante lo scorso anno di 3.857 migranti di origine nigeriana di cui 179 identificati come minori non accompagnati. Un flusso che nel periodo 1 gennaio-5 agosto 2012 si è invece consistentemente ridotto con l’ingresso di 4 minori non accompagnati su un totale di 159 migranti provenienti dalla Nigeria (fonte: Ministero dell’Interno).

Al contrario, l’ingresso delle minori rumene in Italia è facilitato dalla cittadinanza comunitaria e del possesso di documenti di viaggio regolari, e la loro resa in schiavitù avviene sia tramite violenza che attraverso un forte legame affettivo. È l’ingresso in un tunnel di «dolore, sofferenza e di sopruso subito quotidianamente», secondo le parole stesse delle ragazze entrate in contatto con gli operatori che cercano di  guadagnare la loro fiducia e informarle sui sistemi di protezione disponibili per incoraggiarle ad uscire dal circuito dello sfruttamento.


Lavoro nero: gli egiziani

Un debito di viaggio dai 4.000 ai 10.000 euro da restituire in fretta ai trafficanti che tengono sotto scacco la famiglia di origine, è questa una delle prime trappole che rende i minori egiziani giunti da soli in Italia via mare, disposti a tutto, anche ad essere sfruttati. Nel 2011 sono giunti sulle coste italiane in 560, ma con gli sbarchi che continuano altri 286 sono arrivati tra il gennaio e il 5 agosto di quest’anno. Nel 2011 ne risultavano presenti sul nostro territorio 1.172 (il secondo gruppo più numeroso dopo gli afgani), di cui più di 1 su 4 era già dichiarato irreperibile e dunque fortemente esposto anche al rischio di tratta e sfruttamento (fonte: Ministero dell’Interno).

Nella quasi totalità maschi con un’età tra i 15 e i 17 anni, i minori egiziani provengono principalmente da alcune tra le regioni più povere del paese come Al Fayum, Al Gharbia, Assiut, Monufeia, El Sharkeia e Kalioubia, e sono diretti verso Roma, Milano e Torino. In queste città trovano spesso chi è pronto ad approfittare della loro disponibilità  a  mettere in pericolo la loro vita o la loro salute pur di ottenere un minimo guadagno anche a condizioni difficili o  qualche volta insopportabili, con lavori nel settore edilizio, commerciale, in piccoli negozi, bar e pizzerie, ai mercati e nell’agricoltura.

Lavoro nero: gli afghani

Il rischio di sfruttamento per i minori migranti afgani si annida invece nella loro “invisibilità”, condizione indispensabile durante il loro transito temporaneo in Italia, dove cercano in ogni modo di evitare l’identificazione (fonte: Ministero dell’Interno). Sono stati 948 i minori non accompagnati afgani registrati dagli operatori di Save the Children a Roma nel centro diurno CivicoZero nel 2011 e 310 tra il gennaio e il giugno del 2012. Per quanto riguarda i nuovi arrivi sono 262  minori non accompagnati afgani sbarcati in Italia tra gennaio ed agosto 2012. Esposti a insidie e rischi, partono da soli dall’Afghanistan o dall’Iran, per fuggire a situazioni di guerra e violenza, in cerca di un futuro meno incerto. Dopo un viaggio estenuante che dura mesi, talvolta anni, transitano perlopiù per la Grecia e poi per l’Italia, diretti verso paesi del nord Europa come la Svezia, la Norvegia o il Regno Unito, dai quali si aspettano maggiori opportunità di integrazione e supporto. Durante tutto il viaggio la necessità di trovare i soldi per proseguire gli spostamenti li pone in balia della rete di trafficanti e li vede coinvolti in sfruttamento lavorativo o in attività illegali. In Grecia, ad esempio, si tratta di lavori forzati nel settore dell’agricoltura, delle costruzioni e del lavoro domestico, ma sono anche in alcuni casi i minori costretti dai trafficanti a pagare il viaggio attraverso lo spaccio di sostanze stupefacenti.


«Come confermano le evidenze dirette che raccogliamo qui a Roma, che è il principale punto di transito, i minori afgani si  fermano in Italia solo il tempo necessario per proseguire il viaggio, in media una decina di giorni. Questo avviene sulla base del mandato familiare e delle pressioni dei connazionali, dei loro pari e dei trafficanti interessati al guadagno, complice però la carenza di supporto all’integrazione del nostro Paese, dove è particolarmente lenta la procedura di apertura della tutela e di concessione del permesso di soggiorno e sono scarse le possibilità di studio e di impiego dopo i 18 anni,» continua Bellini. «Nel 2012, l’apertura a Roma di un centro notturno  per minori in transito, frequentato principalmente proprio dei minori afgani, le attività di supporto e di informazione svolte nel centro diurno Civico Zero di Save the Children e la creazione di una forte rete associativa di assistenza e supporto, hanno allontanato questi minori,  seppur  temporaneamente, da situazioni di grave rischio di sfruttamento.»


I rom e l’accattonaggio

Sono soprattutto rom di origine rumena, tra i 10 e 15 anni se maschi e 15-17 se femmine (spesso sposate con i figli piccoli al seguito), i minori coinvolti in attività di accattonaggio in strada e sui mezzi di trasporto a Roma, Milano, Napoli e Torino, come risulta da una ricerca di Save the Children del 2011 svolta nelle quattro città. I minori coinvolti nell’accattonaggio, che li tiene lontani da scuola in media almeno 2 giorni a settimana e viene praticato normalmente in compagnia di adulti o giovani che li accompagnano, pur mostrando un vissuto di vergogna praticano questa attività a fronte delle condizioni di estrema povertà delle proprie famiglie, e, in alcuni casi, sono a tutti gli effetti  vittime di sfruttamento o sono costretti ad effettuare dei furti.   


Adescamento via Internet

Potenziale canale di adescamento e sfruttamento, la rete rappresenta sempre di più un territorio a rischio per i minori, soprattutto per quelli in situazione di marginalità sociale o di origine straniera arrivati in Italia non accompagnati. Da un lato la scarsa conoscenza delle modalità di utilizzo e dei rischi connessi alla rete insieme alla mancata assistenza da parte di adulti, e dall’altro l’urgenza di trovare un lavoro per guadagnare un po’ di autonomia sono, secondo le evidenze del progetto partecipato Interact realizzato da Save the Children nel 2011 con alcuni minori stranieri presenti in Italia, tra le cause più frequenti che possono spingere i minori stessi verso offerte di lavoro poco chiare o circuiti di vero e proprio sfruttamento.

Francesco Rosati
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