Dossier: l'Africa e l'infanzia negata

Il 16 giugno è la Giornata del bambino africano. Un Rapporto di Amref richiama l'attenzione sulla parte più vulnerabile dell'umanità, e sul continente dove patisce i peggiori abusi.

In Africa sub-sahariana 1 bimbo su 9 non arriva a 5 anni

16/06/2013
Uno scorcio di Dagoretti market, alla periferia di Nairobi. Ci vive un milione di persone (Foto: Amref).
Uno scorcio di Dagoretti market, alla periferia di Nairobi. Ci vive un milione di persone (Foto: Amref).

L’Africa continua ad essere il continente più rischioso e difficile dove nascere e crescere, specie al di sotto del Sahara. In occasione della Giornata mondiale del bambino africano, Amref – il principale organismo non governativo di sanità privata che opera in Africa Orientale – ha voluto richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla condizione ancora tragica che vivono i piccoli africani attraverso la pubblicazione di un articolato rapporto, che fa il punto della situazione su tutte le principali “piaghe” che colpiscono ancora milioni di minori, specie nelle regioni sub-sahariane.

«Ogni giorno, nel mondo», scrive Amref, «muoiono ancora 19 mila bambini sotto i 5 anni». Ma la situazione peggiore è quella dell’Africa sub‐sahariana, «dove 1 bambino su 9 non raggiunge il quinto compleanno». Un dato drammatico, se si considera anche il fatto che la situazione è in via di miglioramento: il tasso di mortalità sotto i 5 anni è calato del 39% fra il 1990 e il 2011.

I dati forniti dal coordinamento delle Agenzie delle Nazioni Unite per l’Infanzia mostrano come, a livello globale, le principali cause di mortalità sotto i 5 anni sono: polmonite (18%), complicanze per parti pre‐termine (14%), diarrea (11%); complicanze durante il parto (9%), malaria (7%).

La polmonite resta quindi la principale causa di mortalità infantile: solo nel 2011 ha causato la scomparsa di circa 1,3 milioni di bambini, soprattutto in due regioni: Africa sub‐sahariana e in Asia meridionale. Il Continente nero detiene invece il triste primato della quasi totalità delle morti per malaria avvenute nel 2011, che sono circa 500 mila.

Anche su questo, i dati indicano un miglioramento, ben lungi però da essere soddisfacente: nell’ultimo decennio il lavoro di prevenzione sulla malaria ha salvato la vita a circa un milione di bambini.

(Foto: Scalettari)
(Foto: Scalettari)

Il Rapporto di Amref indica che la fase più difficile è sempre quella neonatale: il 40% circa dei decessi tra i piccoli africani si verifica nelle prime quattro settimane di vita. Nel 2011 questo dato corrispondeva a circa 3 milioni di decessi in tutto il mondo.

«Anche in questo caso», specifica il documento, «i dati più preoccupanti si registravano in Asia meridionale e Africa sub‐sahariana, le due regioni che registrano sia i più alti tassi di mortalità neonatale sia il maggior numero di nascite annuali».

Il problema che rimane comunque in testa alle cause di morte infantile o di gravi conseguenze sullo sviluppo è la malnutrizione. A livello mondiale, più di un terzo delle vittime sotto i 5 anni è legato alla carenza di cibo.

Quanto alla trasmissione dell’Hiv/Aids, in assenza di terapie adeguate, il 50% dei bambini sieropositivi muore prima dei due anni. Anche per questa pandemia l’Africa sub‐sahariana paga il tributo più pesante. In alcuni Paesi addirittura elevatissimo: in Mozambico e Zambia il virus è all’origine del 10% delle morti infantili; in Sudafrica il 28%.

Luciano Scalettari
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