29/05/2012
La sensazione che si respira leggendo le cronache è che si
stia veramente muovendo qualcosa tra i giovani, una sorta di "primavera
del Mezzogiorno" come l'ha definita qualcuna che richiama le rivoluzioni
che hanno investito un anno fa i paesi del Nord Africa. Ce lo conferma? Sono
loro il motore del cambiamento?
«È ovvio che c'è un discorso di energia, di freschezza. Ma
non solo, hanno una formidabile capacità innovativa: i nostri ragazzi sanno
usare in maniera eccezionale tutti gli strumenti che la tecnologia mette loro a
disposizione e attraverso questi comunicano, tengono alta l'attenzione, si
confrontano. Il fatto che, a differenza dei loro genitori, abbiano
l'opportunità di essere connessi con il mondo li rende più pronti. Poi, va
detto, bisogna anche fare i conti con i dati che ci dicono che nel 2010 130
mila persone, di cui il 70% giovani professionalmente preparati e con un alto
livello di istruzione, hanno lasciato il Mezzogiorno ma non come spesso si
crede verso il Settentrione ma piuttosto verso l'Europa e gli Stati Uniti».
In quest'ottica, che tipo di impegno è legittimo pretendere
dalle aziende?
«Intanto va dato merito alle attività che l'università della
Calabria sta portando avanti ma che senz'altro vanno intensificate con il
coinvolgimento e l'apporto delle associazioni di categoria e delle camere di
commercio affinché sia sempre più stringente il rapporto tra la formazione che
segua lo sviluppo economico. Non sono mai abbastanza i programmi educativi,
formativi, integrativi alla didattica attraverso cui i protagonisti
dell'impresa sociale e non, profit e non profit, raccontino che un'altra
Calabria è possibile basata non solo sul posto ma sull'autoimprenditorialità».
Ci racconta un modo in cui si può dare credito, sia
economico che di motivazione, ai giovani?
«Le faccio un esempio: il "seminatore" è
un'iniziativa della banca di credito cooperativo con la Diocesi che insieme
hanno istituito un fondo il cui garante morale è il parroco. Semplice ed
efficace il funzionamento: il giovane che ha un'idea e vuole metterla in
pratica si reca dal parroco, una figura che lo conosce bene e può guardarlo
negli per valutare quanto impegno e quanta serietà è disposto a mettere in
campo. Una volta orientato, il giovane può recarsi allo sportello della banca
di credito cooperativo per entrare più nel dettaglio dell'operazione: qui
incontra dei volontari della Pastorale del lavoro che lo accolgono e cercano di
fargliela tradurre in operatività. Piccole cose, sia chiaro, ma significative e
gratificanti che vanno raccontate soprattutto in un momento così difficile in
cui si fatica ad avere fiducia».
Alberto Picci