Oltre la siepe... c'è la Calabria

Katia Stancato, membro della Giunta della Camera di commercio di Cosenza, è portavoce del Forum regionale del Terzo settore: il suo libro è un inno ai conterranei solidali

Oltre la siepe... c'è la Calabria

29/05/2012

Passiamo al suo libro: perché per il titolo ha scelto l'immagine della siepe?

«La siepe per me rappresenta un ostacolo oltre il quale c'è una Calabria che può stupire l'Italia, una Calabria che non è ultima nelle classifiche economiche ed è prima in umanità. Può essere una risorsa per tutti. Sono sette racconti che ovviamente non sono esaustivi della bellezza della mia terra ma che sono rappresentativi di tutti i settori produttivi, anche nelle zone più complicate. C'è una regione che non chiede ma è disposta a dare, che non dipende dal resto del Paese ma contribuisce ad arricchirlo. E poi c'è un filo rosso che unisce tutte le esperienze che ho raccontato rappresentato dalla fede che dà valore all'impegno di ciascuno. Paradossalmente proprio perché gli animatori delle storie sono uomini e donne di chiesa, le imprese che raccontano sono piene di laici e così contribuiscono ad una religiosità civile della nostra società in una visione etica e non morale».

Ha una storia "preferita"?
«È impossibile scegliere anche perché con molte delle persone di cui ho parlato nel libro si è intrecciata la mia vita privata e professionale. Quella che conoscevo di meno, forse, è la missione di suor Tiziana Masnada, i cui destini si sono uniti a quelli di altre due donne, Giusy Brignoli e Susanna Scofano. Mi piace perché si tratta di una piccola storia di un grande amore per la Calabria. Siamo a Scarcelli, piccola frazione del comune di Fuscaldo, sulla costa tirrenica cosentina: dal loro impegno e dalla loro passione sono scaturiti nuove occasioni di incontro, di integrazione e di lavoro per tutta la comunità. È curioso che sia suor Tiziana sia Giusy siano bergamasche trapiantate: due donne che hanno fatto il "percorso inverso", folgorate dalla bellezza della Calabria e capaci di amarla come neppure alcuni calabresi dimostrano di saper fare. Queste donne hanno dato vita a un centro di aggregazione giovanile, poi alla cooperativa sociale Il Segno impegnata nell'agricoltura sociale con cui hanno riportato in vita un campo abbandonato per oltre 30 anni del comune di Paola. La loro è una battaglia soprattutto contro i pregiudizi e le arretratezze: queste sono la dimostrazione di come sia possibile contrastare la politica dell'accontentarsi tipica delle nostre parti».

In quale circuito finiscono i prodotti della cooperativa?
«A migliaia di chilometri di distanza. I primi "beneficiari" infatti sono i Gruppi di acquisto solidale del bergamasco, come dicevo prima terra d'origine di suor Tiziana e Giusy. Quindi, mi viene da pensare, l'Italia sulle cose concrete è più unita di quello che ci vogliono far credere».

Negli ultimi mesi il protagonismo delle donne del Sud è diventato un fenomeno potente. Come lo vede "dal di dentro"?
«La verità è che la loro centralità è frutto di enormi sacrifici. Il problema dell'occupazione femminile è grave: una donna su tre lavora mediamente un'ora in più per guadagnare il corrispettivo di un collega uomo con medesime competenze e qualifica. Una volta tornata a casa, però ricade sulle sue spalle il 70% del lavoro domestico. A questo si aggiunge la rete dei disservizi che frena l'occupazione femminile: molte donne in Calabria rinunciano a lavorare perché devono occuparsi di qualcun altro, che sia un figlio o un anziano genitore. Sia chiaro, il welfare informale, di "vicinato", è una risorsa, ma con maggiori e migliori servizi le nostre donne sarebbe più libere per cercare o creare lavoro. Quando il protagonismo delle donne diventa reale, i risultati ci sono: solo in termini di istruzione hanno superato gli uomini laureandosi in numero superiore».

(nella foto, Katia Stancato)

Alberto Picci
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