27/01/2013
il logo del Servizio civile nazionale
Una piccola esperienza, ma significativa. Sei giovani in servizio civile all'estero, in Albania. Il progetto si chiama Caschi bianchi oltre le vendette. È la risposta a un invito dell'Ufficio nazionale per il servizio civile che chiede agli enti con sedi in Albania e Kossovo di pensare a interventi «sperimentali» per le situazioni di conflitto. La rete Caschi bianchi, (Caritas italiana, associazione papa Giovanni XXIII, Focsiv), dopo una fase preparatoria di un anno, nel 2012 ha mandato sei giovani in servizio civile concentrando l'impegno sulle vendette di sangue. Si stima che da maggio 2012 a oggi siano almeno 12 gli omicidi riconducibili alle vendette. «Un fenomeno», spiega durante il convegno sull'obiezione Nicola Lapenta, uno dei giovani in servizio civile della Papa Giovanni, «che trova fondamento all'interno del codice tradizionale (Kanun), albanese. Tale codice prescrive la vendetta quale strumento per vendicare un omicidio o ristabilire l'onore nel caso di un offesa. Chi viene posto “sotto vendetta” è spinto in condizione di auto reclusione in casa, considerato tradizionalmente l'unico luogo inviolabile».
Nel corso del progetto sono state incontrate 60 famiglie del Nord Albania, tra la periferia rurale di Scutari e i villaggi di montagna di Tropoja. Il primo passo, infatti, è quello di spezzare il cerchio di silenzio attorno a chi è "sotto vendetta" e ristabilire dei legami di fiducia all'interno die villaggi e delle città. Nel corso del 2012 i Caschi bianchi hanno lavorato in rete con sette associazioni locali e svolto attività con quattro scuole. Ogni mese è stata proposta una manifestazione pubblica con 10 "cerchi di silenzio" e 9 "flashmob" in diverse città dell'Albania. Sono stati coinvolti direttamente circa 150 giovani dei quali 10 sotto vendetta. Ai campi estivi sul fenomeno, inoltre, hanno partecipato 250 giovani.
Annachiara Valle