27/01/2013
monsignor Giuseppe Merisi, presidente della Caritas italiana (foto Ansa)
«Attendiamo un segnale positivo dal nuovo Parlamento e dal nuovo Governo». Monsignor Giuseppe Merisi, presidente della Caritas italiana e della Commissione episcopale per la carità e la salute, spiega che «ricordare i 40 anni di impegno per l'obiezione e la pace non significa dimenticare le attuali difficoltà nelle quali si trova oggi il servizio civile».
Difficoltà soprattutto economiche?
«Innanzitutto quelle. Noi speriamo che lo Stato, le istituzioni a tutti i livelli facciano la loro parte, anche finanziariamente, per sostenere ils ervizio civile. Ci sono molti giovani desiderosi di dare il loro contributo, molte comunità coinvolte e siamo convinti che occorre dare loro la possibilità di impegnarsi per il bene comune».
E poi c'è l'investimento educativo.
«Quello è fondamentale. Per noi il servizio civile si inserisce del decennio che la Chiesa italiana sta dedicando all'educazione. Formare i nostri giovani alla cittadinanza attiva e responsabile è il miglior investimento per il futuro del nostro Paese. La Chiesa sta facendo la sua parte in tal senso, ma occorre un impegno condiviso anche con le istituzioni. Occorrono nuove proposte di educazione alla pace e alla non violenza».
I giovani sono attenti?
«Certamente sì. Lo abbiamo visto sia nell'ultima marcia della Pace a Lecce, sia nella tavola rotonda che abbiamo organizzato sulla Siria, sia nel loro quotidiano impegno nelle varie organizzazioni di volontariato, nella stessa Caritas, nelle missioni all'estero».
In concreto cosa si può fare?
«Non abbandonare la paziente opera di formazione delle coscienze, offrire un contributo al dibattito sempre aperto sul rapporto tra la difesa della pace e della democrazia e controllo dell'uso e del commercio delle armi, tra non violenza e difesa delle popolazioni deboli e perseguitate, sulla presenza più efficace degli organismi internazionali. Occorre fare obiezione contro ogni forma di odio e di violenza».
Annachiara Valle