Abbandono, piaga del secolo

In Europa, per la prima volta, si è registrato un calo delle coppie disponibili ad adottare, nonostante aumentino le coppie sterili (lo è una su quattro). Storie, E nuovi problemi.

Diciott'anni, per qualcuno è una disgrazia

06/08/2011
Federico Zullo, presidente di “Agevolando”, la prima associazione italiana formata da ex-minori in affido o istituzionalizzati.
Federico Zullo, presidente di “Agevolando”, la prima associazione italiana formata da ex-minori in affido o istituzionalizzati.

Che fine fa un minore “fuori famiglia”,  in affido o ospite  in comunità una volta raggiunta la maggiore età? Al compimento del diciottesimo anno, dal massimo della tutela si trova a perdere tutti i diritti, con un futuro incertissimo, senza prospettive, col serio rischio di entrare nell’area della devianza.  E’  l’accusa esplicita lanciata dal mondo delle associazioni che si occupano di tutela minorile e aiuto all’infanzia abbandonata in occasione del convegno internazionale di Aibi, tenutosi i giorni scorsi a Monte Colombo (Rimini).  

 “Che accade in genere a questi neo-maggiorenni? O sono costretti a rientrare nella famiglia d’origine, che spesso, però non ha modificato il proprio comportamento e, perciò, presto se ne scappano via, oppure rientrano per qualche tempo, più o meno clandestinamente, nella comunità dalla quale provenivano, oppure finiscono in strada. E’ assurdo chiedere a  ragazzi che già hanno vissuto la relazione degli affetti di diventare degli adulti a 18 anni e in un giorno”, afferma Monica Barbarotto, responsabile dell’Area cultura in Aibi.   

Nel nostro Paese non esistono per i minori “fuori famiglia” che diventano maggiorenni forme di tutela sociale e l’unico salvagente, concesso da un Regio Decreto risalente al 1934, è il cosiddetto “proseguio amministrativo”, cioè quel provvedimento  speciale che ogni tanto il Tribunale dei minori può applicare per allungare la permanenza di qualche anno nella comunità educativa di un neo-maggiorenne “abbandonato” che non abbia ancora raggiunto  un sufficiente grado di autonomia. “A causa dei tagli finanziari, però, gli enti locali, coi loro servizi sociali, prendono sempre meno in carico questi giovani e  i magistrati adottano con maggiore ristrettezza tale provvedimento. Risultato: i giovani più fragili, che non hanno avuto la possibilità di seguire un adeguato percorso d’autonomia, si trovano ad entrare nella società, senza alcun aiuto e spesso si perdono”, precisa Barbarotto.

Ma ancor più disgraziata è la situazione dei neo-maggiorenni stranieri in Italia a causa delle recenti direttive del ‘pacchetto sicurezza’ (la legge 94 del 2009 che ha anche modificato i presupposti e le garanzie di tutela per i minori stranieri non accompagnati). La nuova normativa, infatti, richiede una presenza ufficiale in Italia da almeno tre anni e un ‘percorso di tutela’ di due,  per la conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età. Per gli altri c’è solo la clandestinità», afferma Federico Zullo, presidente di “Agevolando”, la prima associazione italiana formata da ex-minori in affido o istituzionalizzati.  “Così si realizza il paradosso, tutto italiano, che dopo aver speso moltissimo per tutelare il minore straniero, arrivato in Italia spesso dopo viaggi disumani, gli si toglie ogni diritto e lo si caccia dal Paese”.

Di quanti giovani vivano in Italia questo disagio non esistono dati certi, né censimento alcuno. “Ma le stime”, conclude Zullo, “ci dicono che il fenomeno coinvolge migliaia di ex-minori ‘fuori famiglia’”.

Alberto Laggia
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