14/01/2013
Ousmane Ag Hamatou, referente
della Lvia per la crisi alimentare
nel Sahel.
A seguito del colpo
di stato nel Mali, ha lasciato il paese con la sua famiglia. Oggi vive a
Ouagadougou, Burkina Faso, dove continua a lavorare con Lvia per gli interventi
di risposta alla crisi alimentare nel Sahel, in attesa di poter riprendere le
attività nel nord del Mali.
Quali sono
stati i principali interventi promossi da Lvia per far fronte alla carestia in
Burkina Faso?
«A causa della scarsissima
campagna agricola del 2011, molte famiglie in Burkina Faso non hanno avuto
abbastanza cibo per nutrirsi quotidianamente. Per aiutare le fasce più povere e
vulnerabili colpite dalla crisi alimentare, la Lvia ha agito in due ambiti:
lotta alla malnutrizione infantile severa e, in un’ottica di prevenzione della
malnutrizione, supporto all’agricoltura locale».
Quali gli
interventi in ambito agricolo e alimentare?
«Tra gli aspetti più
critici legati alla crisi alimentare, c’è il fatto che la maggior parte dei
produttori non possiede più le sementi che, in mancanza di cibo sufficiente,
sono state utilizzate come nutrimento. Nel 2012 LVIA ha distribuito dei viveri,
essenzialmente miglio e mais, a 1.130 famiglie identificate con i servizi
sociali e le autorità locali, nei comuni di Yalgo, Tougouri, Nagbingou, Zitenga
e Gorom-Gorom, nel nord del paese. Inoltre, con una strategia di prevenzione,
per sostenere i contadini nel rilancio della produzione nella campagna agricola
2012, LVIA ha distribuito a 500 produttori dell’associazione contadina ASK,
sementi di niébé di Kapelga (fagioli) e di mais».
Quali gli
interventi per la cura della malnutrizione?
«Lvia ha iniziato in aprile
2012,
con Medicus Mundi Italia e il sostegno dell’ufficio umanitario
dell’Unione Europea ECHO, un progetto di emergenza per la lotta contro la
malnutrizione severa dei bambini con meno di 5 anni di età e si prevede
l’estensione dell’ intervento nel 2013, ancora con l’appoggio finanziario di
ECHO, per coprire tutti i distretti sanitari della regione del Centro Ovest».
Quali sono
le strategie adottate sul lungo termine?
«Nel Sahel, le crisi sono sempre più cicliche e
ricorrenti. Motivo per cui, oltre a realizzare interventi puntuali diventa
ancor più necessario rafforzare la capacità delle comunità di reagire agli
shock, proprietà definita in termini tecnici “resilienza”. In questa logica, è
stato formulato un progetto per rafforzare la resilienza degli allevatori del
Sahel, nel nord del Burkina Faso, nella prevenzione e gestione delle crisi
alimentari. Le attività, che inizieranno nel 2013, sono proposte con il Centro
Regionale delle Unioni del Sahel (CRUS), partner di lunga data della LVIA e
attore fondamentale per l’appoggio al mondo pastorale in Burkina Faso».
Marco Alban, rappresentante
della LVIA in Burkina Faso.
In un quadro
di insicurezza diffusa nel Sahel, dalla crisi
maliana al fondamentalismo islamico, quanto ne risente il Burkina Faso?
«Il Paese è un’area cuscinetto
nella regione, perché è uno dei paesi di accoglienza della crisi maliana e nel
recente passato lo è stato con la Costa d’Avorio. È un paese molto esposto e
sotto stress, per le crisi alimentari che si ripetono e per l’accoglienza dei
profughi, ma per sua cultura e per sua storia non è terreno fertile all’instaurarsi
del fondamentalismo islamico».
Quali sono oggi
i fattori più critici nel paese su cui si concentrano gli aiuti internazionali?
«La crisi è multipla: oltre
ad un problema di sicurezza della regione, ci sono la crisi alimentare e
l’aumento dei prezzi dei cereali. La stagione agricola 2012 è andata bene, ma
il vero problema è che i prezzi dei cereali, oggi, rispetto al 2009 sono
aumentati dal 40% al 70% e la speculazione finanziaria sui mercati nazionali e
internazionali è tra le grandi colpevoli. Quando i granai sono pieni, le
persone soffrono meno ma il livello di produzione familiare non è mai
sufficiente per l’intero anno e tutti devono comprare prodotti alimentari sul
mercato. Nel momento in cui si alza la domanda, i prezzi vanno alle stelle.
La FAO e il Programma
Alimentare Mondiale stanno studiando l’entità del problema. Altro punto
fondamentale per abbassare il prezzo degli alimenti è rendere più agibile ed
economico il trasporto sul mercato interno, migliorando le infrastrutture
stradali che sono ancora deficitarie nel paese».
La parola d’ordine
oggi sembra essere “resilienza”, indicata dall’Unione Europea come nuova
strategia d’azione per contrastare le emergenze. Di cosa si tratta?
«Resilienza significa
rafforzare la capacità delle comunità locali a sopportare lo shock delle crisi.
È un termine moderno, ma è quello che la Lvia e altre ong fanno da tempo: da
una parte promuovere lo sviluppo locale, dall’altra superare la crisi. Se
parliamo di agricoltura, ad esempio, rafforzare un’organizzazione contadina
significa fare resilienza perché se questa è ben organizzata e realizza un buon
stoccaggio dei prodotti agricoli, aiuta la comunità a sopportare meglio lo
shock nel momento di crisi alimentare. Allo stesso modo, un sistema promosso da
molte ong è il warrantage, una modalità di finanziamento rivolto ai piccoli agricoltori basato
sullo stoccaggio della produzione agricola in banche comunitarie a fronte di un
prestito: da un lato si aumenta il livello di sicurezza degli stock di
alimenti, dall’altro, attraverso il microcredito, si danno alle famiglie
risorse economiche per sostenere le spese, fare piccoli investimenti, avviare
piccole attività imprenditoriali e quindi far crescere l’economia locale.
Dobbiamo sicuramente continuare con questo approccio anche perché sarà
difficile per i finanziatori mantenere lo stesso livello di impegno per gestire
le crisi future».
Cosa ha
intenzione di realizzare Lvia nel 2013 in questa direzione?
«La lotta alla
malnutrizione resta una priorità. I bambini malnutriti gravemente sono nel
Sahel un’emergenza costante nel corso degli anni. In secondo luogo, stiamo
progettando interventi con i nostri partner, associazioni di agricoltori e
allevatori, per migliorare la sicurezza alimentare ponendo l’accento sulla resilienza,
cioè con un focus sui soggetti vulnerabili, i
più poveri. La chiave è permettere alle persone di uscire dalla povertà».
Alberto Picci