14/01/2013
Moussa Diallo, Sindaco del
distretto di Gorom-Gorom, nord del Burkina Faso. Il distretto di Gorom-Gorom si trova nel nord del paese,
ai confini con il Mali e il Niger. La Lvia collabora da lungo tempo con la
municipalità burkinabè, che si trova in una tra le aree più vulnerabili del
Burkina Faso.
Quali
interventi ha predisposto la Municipalità per far fronte alla carestia?
«Grazie al sostegno del
governo, il Comune ha potuto mettere in piedi dei punti di distribuzione dei
viveri, soprattutto riso e
miglio, a prezzi sovvenzionati. Con la Lvia, inoltre, abbiamo distribuito 42
tonnellate di alimenti alle
famiglie più povere. Questo ha permesso la loro sopravvivenza. Siamo inoltre in
contatto con vari partner internazionali affinché continuino a supportarci in
questo momento difficile. I nostri servizi tecnici portano avanti, anche con il
sostegno dei donatori internazionali, dei programmi per aiutare la popolazione
nella cura della malnutrizione, l’agricoltura, l’allevamento, l’acqua e
l’igiene».
Come sarà la
situazione nel 2013? La carestia è sconfitta?
«La crisi è ancora
effettiva. Negli ultimi mesi del 2012 la raccolta è riuscita meglio, ma
comunque i livelli non sono promettenti, per lo meno in quest’area del paese
che è quella che più di tutte paga il prezzo del cambiamento
climatico. In quest’area semidesertica la crisi alimentare e la malnutrizione
sono condizioni croniche. Soprattutto in alcuni villaggi del mio distretto,
quelli più isolati, più lontani, la malnutrizione nei bambini è ancora grave».
Quali sono,
per lei, le priorità d’intervento nel 2013?
«Dobbiamo intervenire
prioritariamente sul piano alimentare, dell’acqua e dell’agricoltura
rafforzando le infrastrutture a disposizione dei villaggi, come ad esempio
gli
invasi d’acqua dove fare orticoltura di contro-stagione, agendo sui casi di
malnutrizione grave, soprattutto nei bambini, e nel complesso rafforzando le
capacità delle comunità di reagire alle crisi e prevenirle».
Dott. Tega, Direttore del
Servizio tecnico della Salute e Sanità del distretto di Gorom-Gorom, nord del
Burkina Faso.
Il distretto di
Gorom-Gorom si trova nel nord del paese, ai confini con il Mali e il Niger. La
Lvia collabora da lungo tempo con la municipalità
burkinabè,
che si trova in una tra le aree più vulnerabili del Burkina Faso.
Per far
fronte alla carestia come avete agito a livello distrettuale?
«La nostra strategia di lotta alla malnutrizione è sempre in atto, perché
esiste un problema di malnutrizione cronica. Questo piano è stato ulteriormente
sostenuto dal Governo e donatori internazionali nel periodo più acuto della
carestia».
Come
operate?
«Lavoriamo con i Centri di
Salute Comunitari, che sono presenti nei villaggi. Viene effettuata una
formazione specifica al personale para-medico a seguito della quale gli
operatori possono realizzare le visite nei villaggi per identificare i casi
sospetti di malnutrizione attraverso le operazioni di peso e di misurazione. La
priorità è data a tre categorie: i bambini fino ai 5 anni di età, le donne
incinte e in allattamento.
Le persone identificate come a rischio malnutrizione
vengono accompagnate nel più vicino distretto sanitario per essere visitate da
medici ed infermieri al fine di verificare se la malnutrizione è effettiva e se
ci sono complicazioni legate a malattie. Nel caso in cui non si riscontrino
altre malattie, le persone vengono riaccompagnate a casa e viene predisposto un
programma, affidato agli operatori dei Centri di Salute Comunitari, che
distribuiscono delle razioni alimentari. Gli infermieri si recano sul terreno
per fare un monitoraggio settimanale dei casi di malnutrizione e supportare il
lavoro del personale paramedico di villaggio».
Boubacar Cissé, direttore del
Comitato Regionale delle Unioni dei Produttori del Sahel (CRUS). Il CRUS è un’associazione che raggruppa a livello
regionale, nella Regione Sahel del nord del Burkina Faso, 61 unioni di
produttori per un totale di circa 40.000 persone e 1.800 gruppi. Il
coordinamento è impegnato con attività di sviluppo rurale nella regione
garantendo coerenza nell’elaborazione di strategie comuni. È un partner di
lunga data della LVIA nell’area.
La regione
del Sahel, nel nord del Burkina Faso, è principalmente terra di allevatori.
Come si caratterizza l’area?
«È vero, in questa regione
del Burkina Faso l’allevamento è tra le attività principali, il 25 % del bestiame
del paese si trova qui. La regione del Sahel è un’area transfrontaliera, confiniamo
con il Niger e il Mali e siamo legati dalla stessa cultura pastorale. Ogni anno
tra marzo e giugno avviene la transumanza, la migrazione stagionale
e temporanea delle greggi, delle mandrie e dei pastori che dal Niger e dal Mali
si spostano nei pascoli della nostra regione in Burkina Faso».
Che
ripercussioni ha avuto la carestia sull’allevamento nella regione?
«Nella regione parlerei
soprattutto di crisi pastorale: con la mancanza delle piogge, i pascoli si sono
impoveriti e i punti d’acqua si sono svuotati. A causa del colpo di stato in
Mali sono arrivati molti profughi che hanno portato il proprio bestiame. Questa
pressione ha conseguenza un ulteriore aumento dei prezzi, sia dei cereali che
del mangime per il bestiame. In entrambi i casi, i prezzi sono
raddoppiati. La carestia ha provocato
anche un forte indebolimento degli animali, e questo ha fatto crollare il
prezzo del bestiame sul mercato regionale, con gravi conseguenze per il
sostentamento delle famiglie di allevatori. E poi la mortalità del bestiame:
molte famiglie hanno perso la metà del gregge. Infine, un’altra grave
conseguenza è stata l’enorme abbassamento della produzione di latte, che ha
impoverito le donne, perché nel Sahel sono le donne che si occupano della
lavorazione del latte, e ha acuito lo stato di malnutrizione nei bambini».
A fronte di
questa crisi, quali sono state le attività promosse dal CRUS?
«Abbiamo elaborato un piano
strategico su tre linee d’azione. Primo, salvare
i capi di bestiame più importanti fornendo un supplemento di nutrizione: è
stato comprato il mangime, che abbiamo distribuito ad un prezzo sociale alle
famiglie in difficoltà, e donato gratuitamente alle famiglie molto povere. Le
famiglie molto povere sono quelle più vulnerabili: donne sole con figli o famiglie
che hanno come unica fonte di sostentamento un nucleo massimo di tre capi di
bestiame. Sono molto poveri perché se sono costretti a vendere il proprio
animale, non resta loro più nulla. Abbiamo così sostenuto 2000 famiglie.
Secondo punto: abbiamo aiutato
gli allevatori a vendere il bestiame ad un prezzo equo sul mercato nazionale e
di altri paesi dell’Africa Occidentale. Abbiamo fatto quattro operazioni in
tutte le province della regione ed ogni operazione ha toccato tra i 200 e i 300
capi di bestiame e tra i 400 e i 500 piccoli ruminanti. Abbiamo realizzato una
indagine dei mercati, organizzato gli allevatori per la vendita del bestiame e
facilitato la relazione con i mercati.
Terzo punto: il sostegno
alle famiglie più vulnerabili nell’accesso al cibo. Abbiamo operato con il
sostegno del PAM supportando circa 1400 famiglie nel realizzare un lavoro di
recupero delle terre pastorali e in cambio hanno ricevuto denaro o cibo».
Le piogge
sono tornate a fine 2012 e l’attività agricola è migliorata. Cosa succede nel
mondo della pastorizia?
«Anche i pascoli sono
migliorati ma restano dei fattori di instabilità che ci preoccupano fortemente.
Prima di tutto, la crisi
maliana: siamo vicini al Mali, confiniamo con la regione di Gao. Ogni anno da
dicembre a febbraio la maggior parte degli animali dal Burkina Faso e dal Niger
viene portata verso i pascoli maliani ma ora dovrà restare in Burkina Faso,
causando una pressione enorme sui pascoli della regione. In secondo luogo, c’è
l’insicurezza dell’area: i movimenti di popolazione tipici delle aree
transfrontaliere, com’è il nord del Burkina Faso, con spostamenti aumentati dal
Mali, creano forti difficoltà per i pastori nello spostare in sicurezza il
bestiame da un mercato all’altro della regione».
Quali sono le vostre proposte a fronte di questi fattori di
instabilità?
«Proponiamo di agire su tre
livelli: realizzare degli stock di sicurezza del mangime per il bestiame;
migliorare il livello di
sicurezza della regione; dialogare con i governi del Benin e del Togo affinché
ammettano o facilitino la transumanza del bestiame dal Burkina Faso».
Diverse crisi alimentari si sono ripetute nel paese negli ultimi
anni. Avete pensato a delle strategie che permettano di farvi fronte in
futuro?
«Con la Lvia stiamo
riflettendo proprio su questo aspetto e cioè su come rafforzare la resilienza. Ritengo si debba agire su tre livelli: la resilienza istituzionale,
rafforzando i Comuni, le Regioni e le organizzazioni della società civile ad
avere reazione rapida, con un piano strategico per affrontare gli shock. Non
possiamo aspettare che la crisi arrivi per reagire. In secondo luogo, mettere
in sicurezza la base della produzione locale, aumentando la produttività agricola
e, infine, supportare i produttori nell’integrare le attività di agricoltura e
allevamento in un’ottica economica ed imprenditoriale. Dobbiamo supportare le
piccole unità familiari ad intraprendere delle attività economiche per uscire
dalla povertà».
Alberto Picci