Rifugiati, sopravvissuti ai nostri tempi

Il 20 giugno ricorre la Giornata mondiale del rifugiato, un'occasione per riflettere sul sistema dell'accoglienza in Italia e nel mondo: come funziona e come invece dovrebbe funzionare

Ahmed e N. pagano colpe altrui

20/06/2013
©Stefano Liberti, Andrea Segre
©Stefano Liberti, Andrea Segre

Ahmed ha 22 anni, è arrivato a Roma dall'Afghanistan in condizioni di estrema vulnerabilità. Basta che qualcuno intorno a lui alzi appena il tono della voce, perché Ahmed cominci a tremare. Quando presenta richiesta d'asilo alla Questura di Roma, il 30 aprile 2013, nessuno lo informa di avere diritto a forme materiali di assistenza e accoglienza: viene solo invitato a ripresentarsi il 21 maggio.

Per la Questura, solo dal 21 maggio in poi Ahmed sarà considerato un richiedente asilo, ma nemmeno in quest'occasione qualcuno si premura di informarlo dei suoi diritti e nessuno si preoccupa di fargli sapere che, se è senza soldi, può essere accolto in un centro apposito. Senza la segnalazione della Questura alla Prefettura, quest'ultima non avvia alcuna ricerca di sistemazione e non fornisce alcun contributo economico.

Ahmed però il 16 maggio si era recato allo sportello del CIR - Consiglio italiano per i rifugiati, una Onlus che dal 1990 è impegnata per difendere i diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Il CIR invia direttamente in Prefettura la sua richiesta di accoglienza, ma Ahmed viene nuovamente invitato a tornare il 27 maggio e poi il 5 giugno.

Dopo essersi inutilmente rivolto al Comune e aver vissuto per settimane in un tendone a Tormarancia, il 7 giugno, dopo ben 38 giorni Ahmed trova un posto in un centro di accoglienza grazie all'intervento e alla segnalazione del CIR.

©Stefano Liberti, Andrea Segre
©Stefano Liberti, Andrea Segre

N. è arrivata il 3 giugno 2013 da sola a Gorizia, stremata per il lungo viaggio dal Pakistan. Chiede immediatamente protezione internazionale, ma la Questura la avvisa che per lei non c'è posto in nessun CARA d'Italia, pertanto la invitano a tornare l'11 giugno per verificare la disponibilità di un alloggio. Non le viene chiesto dove mangerà e dormirà nella settimana successiva.

N. si rivolge al CIR che le trova un posto in un albergo a poco prezzo, grazie all'intervento della Caritas Diocesana di Gorizia che si fa carico delle spese. Ma l'11 giugno viene comunicato a N. che non c'è ancora posto per lei e la Caritas non può più pagarle l'albergo. N. resta per strada.

Il 13 giugno il CIR è contattato dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Gorizia. Ci sono cattive notizie: N. ha problemi di salute e verrà trasferita in Pronto Soccorso dove trascorrerà una notte. La Commissione, vista la situazione delicata, fissa l'intervista per il riconoscimento alla settimana successiva. Dopo che N. viene dimessa dall'ospedale, il CIR riesce a trovarle un posto nello SPRAR che gestisce a Gorizia, il 14 giugno. Presentata la domanda di protezione, N. ha trascorso i suoi primi 11 giorni in Italia tra la carità e la strada. Dei suoi diritti, nessuna traccia.

Francesco Rosati
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