25/09/2011
L'arrivo della Marcia, alla Rocca di Assisi (Foto di Roberto Brancolini).
Ecco il testo della Mozione finale della Marcia della Pace, 50 anni dopo quella di Aldo Capitini:
A conclusione della Perugia-Assisi, che abbiamo convocato a cinquant’anni dalla prima Marcia organizzata il 24 settembre 1961 da Aldo Capitini, vogliamo lanciare un nuovo appello per la pace e la fratellanza dei popoli.
Lo facciamo richiamando il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che proclama: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
La fratellanza dei popoli si basa sulla dignità, sugli eguali diritti fondamentali e sulla cittadinanza universale delle persone che compongono i popoli. I diritti umani sono il nome dei bisogni vitali di cui è portatrice ogni persona. Essi interpellano l’agenda della politica la quale deve farsi carico di azioni concrete per assicurare “tutti i diritti umani per tutti” a livello nazionale e internazionale. La sfida è tradurre in pratica il principio dell’interdipendenza e indivisibilità dei diritti umani – civili, politici, economici, sociali e culturali – e ridefinire la cittadinanza nel segno dell’inclusione. L’agenda politica dei diritti umani comporta che nei programmi dei partiti e dei governi ciascun diritto umano deve costituire il capoverso di un capitolo articolato concretamente in politiche pubbliche e misure positive.
Il nostro appello per la pace e la fratellanza dei popoli contiene alcuni principi, proposte e impegni:
Principi
Primo. Il mondo sta diventando sempre più insicuro. Se continuiamo a spendere 1.6 trilioni di dollari all’anno per fare la guerra non riusciremo a risolvere nessuno dei grandi problemi del nostro tempo: la miseria e la morte per fame, il cambio climatico, la disoccupazione, le mafie, la criminalità organizzata e la corruzione. Se vogliamo uscire dalla crisi dobbiamo smettere di fare la guerra e passare dalla sicurezza militare alla sicurezza umana, dalla sicurezza nazionale alla sicurezza comune.
Secondo. Se vogliamo la pace dobbiamo rovesciare le priorità della politica e dell’economia. Dobbiamo mettere al centro le persone e i popoli con la loro dignità, responsabilità e diritti.
Terzo. La nonviolenza è per l’Italia, per l’Europa e per tutti via di uscita dalla difesa di posizioni insufficienti, metodo e stile di vita, strumento di liberazione, strada maestra per contrastare ogni forma d’ingiustizia e costruire persone, società e realtà migliori.
Quarto. Se vogliamo la pace dobbiamo investire sulla solidarietà e sulla cooperazione a tutti i livelli, a livello personale, nelle nostre comunità come nelle relazioni tra i popoli e gli stati. La logica perversa dei cosiddetti "interessi nazionali", del mercato, del profitto e della competizione globale sta impoverendo e distruggendo il mondo. La solidarietà tra le persone, i popoli e le generazioni, se prima era auspicabile, oggi è diventata indispensabile.
Quinto. Non c’è pace senza una politica di pace e di giustizia. L’Italia, l’Europa e il mondo hanno bisogno urgente di una politica nuova e di una nuova cultura politica nonviolenta fondata sui diritti umani. Quanto più si aggrava la crisi della politica, tanto più è necessario sviluppare la consapevolezza delle responsabilità condivise. Serve un nuovo coraggio civico e politico.
Sesto. Se davvero vogliamo la pace dobbiamo costruire e diffondere la cultura della pace positiva. Una cultura che rimetta al centro della nostra vita i valori della nostra Costituzione e che sappia generare comportamenti personali e politiche pubbliche coerenti. Per questo, prima di tutto, è necessario educare alla pace. Educare alla pace è responsabilità di tutti ma la scuola ha una responsabilità e un compito speciali.
Foto di Roberto Brancolini
Proposte e impegni
1. Garantire a tutti il diritto al cibo e all’acqua
È intollerabile che
ancora oggi più di un miliardo di persone sia privato del cibo e
dell’acqua necessaria per sopravvivere mentre abbiamo tutte le risorse
per evitarlo. Ed è ancora più intollerabile che queste atroci sofferenze
siano aumentate dalla speculazione finanziaria sul cibo,
dall’accaparramento delle terre fertili, dalla devastazione
dell’agricoltura e dalla privatizzazione dell’acqua.
2. Promuovere un lavoro dignitoso per tutti
Un miliardo e duecento
milioni di persone lavorano in condizioni di sfruttamento. Altri 250
milioni non hanno un lavoro. 200 milioni devono emigrare per cercarne
uno. Oltre 12 milioni sono vittime della criminalità e sono costrette a
lavorare in condizioni disumane. 158 milioni di bambine e di bambini
sono costretti a lavorare. Occorre ridare dignità al lavoro e ai
lavoratori, giovani e anziani, di tutto il mondo.
3. Investire sui giovani, sull’educazione e la cultura
Un paese che non
investe, non valorizza e non dà spazio ai giovani è un paese senza
futuro. La lotta alla disoccupazione giovanile deve diventare una
priorità nazionale. Investire sulla scuola, sull’università, sulla
ricerca e sulla cultura vuol dire investire sulla crescita sociale,
politica ed economica del proprio paese.
4. Disarmare la finanza e costruire un’economia di giustizia
La finanza, priva di
ogni controllo internazionale, sta mettendo in crisi l'Europa politica e
provoca un drammatico aumento della povertà. Bisogna togliere alla
finanza il potere che ha acquisito e ripristinare il primato della
politica sulla finanza. Occorre tassare le transazioni finanziarie,
lottare contro la corruzione e l’evasione fiscale e ridistribuire la
ricchezza per ridurre le disuguaglianze sociali.
5. Ripudiare la guerra, tagliare le spese militari
La guerra è sempre
un’inutile strage e va messa al bando come abbiamo fatto con la
schiavitù. Anche quando la chiamiamo con un altro nome è incapace di
risolvere i problemi che dice di voler risolvere e finisce per
moltiplicarli. Promuovere e difendere sistematicamente i diritti umani,
investire sulla prevenzione dei conflitti e sulla loro soluzione
nonviolenta, promuovere il disarmo, contrastare i traffici e il
commercio delle armi, tagliare le spese militari e riconvertire
l’industria bellica è il miglior modo per aumentare la nostra sicurezza.
6. Difendere i beni comuni e il pianeta
Se non impariamo a
difendere e gestire correttamente i beni comuni globali di cui
disponiamo, beni come l’aria, l’acqua, l’energia e la terra, non ci sarà
né pace né sicurezza per nessuno. Nessuno si deve più appropriare di
questi beni che devono essere tutelati e condivisi con tutti. Urgono
istituzioni, politiche nazionali e internazionali democratiche capaci di
operare in tal senso. Occorre ridurre la dipendenza dai fossili,
introdurre nuove tecnologie verdi e nuovi stili di vita non più basati
sull’individualismo, la mercificazione e il consumismo.
7. Promuovere il diritto a un’informazione libera e pluralista
Un'informazione
obiettiva, completa, imparziale, plurale che mette al centro la vita
delle persone e dei popoli è condizione indispensabile per la libertà e
la democrazia. Sollecita la partecipazione alla vita e alle scelte della
collettività; favorisce la comprensione dei fenomeni più complessi che
attraversano il nostro tempo, promuovere il dialogo e il confronto,
costruisce ponti fra le civiltà, avvicina culture diverse, diffonde e
consolida la cultura della pace e dei diritti umani.
8. Fare dell’Onu la casa comune dell’umanità
Tutti nelle Nazioni
Unite, le Nazioni Unite per tutti. Se vogliamo costruire un argine al
disordine internazionale, i governi devono accettare di democratizzare e
rafforzare le Nazioni Unite mettendo in comune le risorse e le
conoscenze per fronteggiare le grandi emergenze sociali e ambientali
mondiali.
9. Investire sulla società civile e sullo sviluppo della democrazia partecipativa
Senza una società
civile attiva e responsabile e lo sviluppo della cooperazione tra la
società civile e le istituzioni a tutti i livelli non sarà possibile
risolvere nessuno dei grandi problemi del nostro tempo. Rafforzare la
società civile responsabile e promuovere la democrazia partecipativa è
uno dei modi più concreti per superare la crisi della politica, della
democrazia e delle istituzioni.
10. Costruire società aperte e inclusive
Il futuro non è nella
chiusura in comunità sempre più piccole, isolate e intolleranti che
perseguono ciecamente i propri interessi ma nell’apertura all’incontro
con gli altri e nella costruzione di relazioni improntate ai principi
dell’uguaglianza e alla promozione del bene comune. Praticare il
rispetto e il dialogo tra le fedi e le culture arricchisce e accresce la
coesione delle nostre comunità. I rifugiati e i migranti sono persone e
come tali devono vedere riconosciuti e rispettati i diritti
fondamentali.
Queste priorità
devono essere portate avanti da ogni persona, a livello locale,
nazionale e globale, in Europa come nel Mediterraneo.
Per realizzarle
abbiamo innanzitutto bisogno di agire insieme con una strategia comune e
la consapevolezza di avere un obiettivo comune.
Per realizzarle
abbiamo bisogno di dare all’Italia un governo di pace e una nuova
politica, coerente in ogni ambito, e di investire con grande
determinazione sulla costruzione di un’Europa dei cittadini, federale e
democratica, aperta, solidale e nonviolenta e di una Comunità del
Mediterraneo che, raccogliendo la straordinaria domanda di libertà e di
giustizia della primavera araba, trasformi finalmente quest’area di
grandi crisi e tensioni in un mare di pace e benessere per tutti.
Assisi, 25 settembre 2011
Luciano Scalettari