Il lungo cammino della pace

La Marcia Perugia-Assisi festeggia i 50 anni di vita. Cronaca, testimonianze, riflessioni di un appuntamento che è rimasto coscienza critica per un modo lacerato da odio e guerre.

Parla Flavio Lotti

25/09/2011
Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace, alla chiusura del Meeting "1.000 giovani per la pace".
Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace, alla chiusura del Meeting "1.000 giovani per la pace".

«Ancora una volta un successo inatteso e straordinario: oltre 200 mila persone hanno partecipato alla 19° edizione della Perugia-Assisi, nel suo 50° compleanno. Un serpentone di più di 20 chilometri di coloratissimo corteo. Una marcia che non smette di sorprendere. Una parte numerosa e bella d’Italia su cui può veramente contare chi vuole cambiare in meglio questo nostro Paese».

     Non nasconde la soddisfazione, Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace. Una soddisfazione particolare anche per l’occasione celebrativa di quest’anno: esattamente mezzo secolo fa, il 24 settembre 1961 Aldo Capitini, padre della “non violenza” italiana dava vita alla prima edizione della Perugia-Assisi.

- Oggi, perché marciare ancora?

     «Innanzitutto per riscoprire che la capacità di camminare insieme un giorno può aiutare a camminare insieme tutti i giorni per costruire e salvaguardare la pace. Il secondo motivo è che c’è troppo poca pace in giro per il mondo. Ancora troppo poca. Il terzo è che noi, in Italia, l’abbiamo goduta per 65 anni, ma oggi rischiamo di perderla, a causa del degrado quotidiano che vediamo nel nostro Paese, ogni giorno peggiore. La crisi economica è il disastro del liberismo e della globalizzazione selvaggia, del dominio del denaro al quale abbiamo consegnato la nostra vita».

- C’è un messaggio che vorresti lanciare a chi non è venuto?

     «Vorrei dire loro che questa è la parte migliore dell’Italia. Non l’unica, ma senz’altro fa parte del meglio del nostro Paese».

- Quali sono le priorità che il popolo della pace porterà anche lungo la Perugia-Assisi?

     «Le urgenze sono tante. Porteremo non solo i problemi, ma anche le proposte: riscoprirci esseri umani, guardandoci come persone, come fratelli, perché la crisi tende ad acuire l’egoismo e la chiusura; poi, faremo un appello affinché la politica cambi le sue priorità, metta al centro le persone, questo è un nodo cruciale. Ribadiremo quindi il ripudio della guerra: col crescere del disordine internazionale non è facile capire quando dire “no” alla guerra, la Libia lo conferma».

- È sempre una risposta inefficace?

      «Sì. Lo abbiamo visto in Afganistan e in Iraq. Lo vedremo pure in Libia. Quella guerra non è finita, in questi giorni sta iniziando una nuova fase della guerra... L’Italia ha bisogno di costruire una politica estera nuova e coerente».

- Hai detto che il limite più grande che ha incontrato la Perugia-Assisi è proprio la politica.

«È il problema numero uno. Io credo a un pacifismo politico, che porta reale cambiamento, non credo a un pacifismo di sola testimonianza. So che non tutti sono d’accordo, ma ne sono profondamente convinto.

Luciano Scalettari
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