22/02/2013
Una nuova ricerca mostra che i sistemi nazionali violano i diritti dei rifugiati: dal protocollo di Dublino, però, sono passati ormai dieci anni. Kazim proviene dall'Afghanistan. Ha viaggiato dalla Germania alla Svezia, la quale ha richiesto alla Germania di riprenderlo ed esaminare la sua domanda d'asilo. Le autorità tedesche l'hanno respinta in quanto manifestatamente infondata: Kazim (il nome è di fantasia per proteggere la sua identità, ndr) era assente al colloquio e non aveva fornito una spiegazione ragionevole per la sua assenza.
In realtà Kazim si trovava ancora in Svezia, dal momento che le autorità svedesi lo hanno espulso due settimane
dopo la data del colloquio. Questa è solo una delle innumerevoli storie di ordinaria inefficenza della burocrazia europea. Un'
inefficenza pagata sulla pelle dei rifugiati.
Nel decimo anniversario del varo del "
Regolamento Dublino", che identifica lo Stato europeo competente per la decisione su una richiesta d'asilo, una nutrita serie di organizzazioni europee (tra le altre
Forum Réfugiés-Cosi,
ECRE,
Hungarian Helsinki Committee,
CIR - Consiglio italiano per i rifugiati) ha pubblicato un dossier comparativo su come il Regolamento sia applicato dai diversi Paesi europei.
Lo studio intitolato "
The Dublin Regulation II: Lives on hold" rivela senza mezzi termini che il sistema Dublino continua a fallire sia nei confronti dei rifugiati sia nei confronti degli stessi Stati membri. Non solo: le conseguenze più gravi ricadono ovviamente sui richiedenti asilo, che spesso si vedono separati dalle rispettive famiglie, privi di mezzi di sussistenza o detenuti. E infine, fattore di assoluta gravità,
l'accesso alla procedura d'asilo non viene sempre garantito.
Può un padre, che si trova già nella difficile condizione di richiedere asilo in un Paese straniero, essere separato dal figlio appena nato e dalla moglie? Ecco un altro esempio della sofferenza inutilmente causata alle famiglie dall'applicazione meccanico-burocratica del Sistema Dublino.
Un uomo ceceno è stato separato dal suo bambino appena nato, riconosciuto come rifugiato dalle autorità austriache, perché inviato di nuovo in Polonia, primo Paese europeo in cui era entrato illegalmente. Nonostante abbia chiesto il ricongiungimento familiare in Polonia, l'Austria l'ha rifiutato e quindi l'uomo è rimasto separato da moglie e figlio.
Sembra paradossale, ma i richiedenti asilo in Europa godono spesso di meno diritti per quanto riguarda le condizioni di accoglienza. È un paradosso amaro, frutto spesso di una profusione di energie e risorse nella direzione sbagliata, quella di una burocrazia cieca. Ogni qual volta emergono carenze nella capacità di alloggio per i richiedenti asilo soggetti alla procedura Dublino, per esempio, sono quest'ultimi a esserne colpiti per primi.
Talvolta l'accesso all'alloggio in alcuni Paesi europei non è nemmeno garantito e i richiedenti asilo si vedono costretti a ricorrere alla Giustizia ordinaria per accedere a un alloggio. Come se non bastasse, il sistema Dublino si è finora dimostrato inadatto a proveddere all'effettiva applicazione dei provvedimenti: basti pensare che meno della metà dei trasferimenti concordati dal Protocollo Dublino sono realmente portati a termine.
Francesco Rosati