I diritti violati dei rifugiati

10 anni dopo il "Regolamento Dublino" che identifica lo Stato competente per una domanda d'asilo, il sistema continua a fallire nei confronti sia dei rifugiati sia degli Stati membri

I costi umani del Sistema Dublino

22/02/2013

Il 15 dicembre 2010 le autorità di frontiera bulgare trovarono nascosta in un camion una famiglia irakena. Una madre sola con due bambini provava a entrare in Bulgaria dalla Grecia. La donna dichiarò di essere stata vittima di persecuzioni e violenze in Irak e richiedeva asilo in quanto suo marito era stato ucciso e uno dei figli rapito. La donna si trovava in gravi condizioni di stress fisico e mentale.

Il 16 dicembre 2010 la Polizia di confine bulgara emise un ordine di deportazione come immigrati irregolari per la famiglia, in base agli accordi bilaterali tra Grecia e Bulgaria. La famiglia irakena finì in un centro di detenzione per clandestini a Sofia.

Nonostante la famiglia avesse richiesto formalmente asilo e sebbene la domanda fosse pervenuta alla SAR (Agenzia nazionale per i rifugiati) il 22 dicembre 2010, le autorità non registrarono la domanda d'asilo a fronte delle ripetute richieste inoltrate dalla famiglia attraverso un legale. La madre finì per essere ricoverata in ospedale a causa del suo stato fisico.

Il 9 febbraio 2011 ognuno dei richiedenti asilo, rappresentato da un legale, avviò un procedimento dinanzi al Tribunale amministrativo della città di Sofia, richiedendo alla Corte di obbligare la SAR a registrare e valutare la loro domanda.

Contemporanemente una misura "Regola 39" (un provvedimento ad interim vincolante per lo Stato interessato) veniva inoltrata alla Corte europea dei diritti umani per prevenire la loro immediata deportazione in Grecia.

Le spiegazioni fornite dalle autorità avevano quanto meno dell'incredibile. L'Agenzia bulgara per le domande d'asilo giustificò la propria condotta affermando di non aver voluto interferire con le competenze della Polizia di frontiera in materia di immigrazione irregolare, secondo gli accordi bilaterali in vigore tra Bulgaria e Grecia.

La SAR dal canto suo dichiarò davanti alla Corte di aver inteso affrontare il caso come se rientrasse nel Trattato di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini all'interno dell'Unione europea, la cui  adozione per la Bulgaria era imminente ma non ancora in vigore, e sebbene la famiglia irakena avesse fatto richiesta d'asilo.

La Corte europea dei diritti umani garantì alla famiglia irakena la permanenza in Bulgaria grazie alla Regola 39 e, dopo un procedimento giudiziario presso un tribunale nazionale, nel maggio 2011 madre e figli si videro accogliere la richiesta d'asilo e venne conseguentemente loro garantita la protezione. Nel gennaio 2011 la Corte europea dei diritti umani stabilì inoltre che, nel caso di M.S.S. contro Belgio e Grecia, respingere verso la Grecia i richiedenti asilo viola la Convenzione europea sui diritti umani.

Francesco Rosati
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