03/04/2011
Ci si fida di più di un volontario che di un
carabiniere o di un poliziotto. Il mondo del volontariato, tra le istituzioni italiane,
è “l’unica realtà capace di conservare,
nel tempo, un livello di fiducia elevato presso la maggior parte dei
cittadini”. A dirlo è l’Eurispes nel “Rapporto sull’Italia nel 2011”. Ben il 79,9 per cento degli italiani ha dichiarato, infatti,
di aver fiducia nelle associazioni di
volontariato, percentuale che supera anche quella tradizionalmente molto alta
delle Forze dell’ordine (Carabinieri 72,6 per cento, Polizia 66,8 per cento, Guardia di finanza
64,9 per cento), e distanzia istituzioni come la scuola (43,7 per cento) e la Chiesa (40,2 per cento). A
conferma della fiducia degli italiani in queste realtà, c’è un dato dell’Istat:
sono 9 milioni e mezzo i cittadini che versano denaro a un’associazione (il
15,8 per cento dell’intera popolazione).
Il magmatico
mondo del no-profit non sembra risentire, quindi, di riflussi individualistici,
né della crisi della politica nostrana. Sia il numero assoluto delle
associazioni che quello dei volontari sono in aumento (20 mila sigle circa per
5,4 milioni di cittadini), secondo gli studi dei CSV italiani, i Centri di
servizio per il volontariato, istituiti per legge nel 1991. Mentre ci sarebbe una
lieve contrazione del numero medio dei volontari.
Altra tendenza
registrata è quella di una polverizzazione del fenomeno associativo che
viene spiegata con la nascita e il proliferare di nuove piccole associazioni
nell’area della tutela del patrimonio e dei diritti, che inevitabilmente
sorgono localmente sul territorio, piuttosto che avere dimensioni regionali o
nazionali. Secondo una
rilevazione della Fivol (Fondazione italiana per il volontariato) del 2006, il
numero di associazioni “indipendenti”, cioè non affiliate a grandi sigle
nazionali, ma nate spontaneamente dai cittadini, rappresenta i tre quarti delle associazioni di
volontariato nate nel quinquennio 2000-2005, a fronte del 63,8 per cento del quinquennio
precedente e del 57,4 per cento del 1990-1995.
Un ulteriore
caratteristica del movimento volontaristico italiano è la disomogeneità territoriale: il 29 per cento è registrato nel Nordovest, il 31 per cento nel Nordest, il 20 per cento nel Centro e
ancora il 20 per cento nel Mezzogiorno.
A cura di Alberto Laggia