03/04/2011
Macché individualisti e disimpegnati: i giovani italiani
che dedicano parte del loro tempo libero ad attività gratuite e di volontariato
sono in aumento. E’ la buona
notizia emersa a Venezia, alla Conferenza del volontariato
"Sussidiarietà e volontariato in Europa: valori, esperienze e strumenti a
confronto", organizzata dal Ministero del Lavoro e delle politiche
sociali, il 31 marzo e il primo aprile, come inaugurazione dell’Anno europeo del
volontariato.
A
sfatare il luogo comune secondo il quale i giovani italiani sarebbero sempre
meno impegnati e propensi alla gratuità ci ha pensato il professor Giancarlo
Rovati, docente di sociologia all’università Cattolica di Milano che ha
presentato al simposio veneziano la relazione introduttiva al gruppo di lavoro
su giovani e volontariato.
«E’ vero che in termini assoluti è diminuita la
componente giovanile (meno 107 mila unità tra il 1996 e il 2006) rispetto al
numero complessivo di chi presta attività gratuita, ma solo perché il Paese sta
invecchiando e i giovani tra i 14 e 34 anni sono calati nel decennio in
questione di un milione e mezzo», esordisce Rovati. Se si va invece a vedere
in percentuale il numero di giovani impegnati, osserva il sociologo, si scopre che questa è decisamente aumentata:
se nel ’96 erano sei su cento, nel 2006
sono saliti a 8,5.
«Insomma», osserva ancora Ravati, «la propensione nelle giovani generazioni a impegnarsi in
attività gratuite c’è e non si esprime solo nelle organizzazioni di
volontariato ma anche nel donare tempo in altre realtà associate, enti o istituzioni. Ciò significa che l’area
dell’oblatività eccede quella del
semplice volontariato».
Dall’analisi dei
dati, emerge, inoltre, che non vi sono differenze sostanziali per età rispetto
all'impegno gratuito a favore degli altri. Una variabile più influente sembra essere invece il
livello d’istruzione: più alto è il tasso d’istruzione e più alta è la
propensione a rimboccarsi le maniche per aiutare chi fa più fatica o per tutelare l'ambiente, senza nulla chiedere in cambio.
«Che i giovani italiani siano meno
disimpegnati di quanto li dipinga qualcuno è cosa che sappiamo bene», commenta Marco
Granelli, presidente di CSVnet (il Coordinamento nazionale dei Centri di
servizio per il volontariato) che raccoglie oltre diecimila sigle associative. «Ciò non significa, però, che non esista una seria questione di ricambio
generazionale nel mondo dell’associazionismo: la sua classe dirigente è vecchia
e necessita di un ricambio».
A cura di Alberto Laggia