13/03/2012
Foto Reuters.
È giusto gioire per chi ha ottenuto l'accesso all'acqua potabile, ma ancor meglio è pensare a quanti - centinaia di milioni, miliardi di persone - questo accesso non ce l'hanno o non ce l'hanno stabilmente. La Santa Sede ha fatto sentire la sua voce in occasione del Sesto forum mondiale dell'acqua, organizzato a Marsiglia, in Francia, tra il 12 e il 17 marzo. E, pur salutando positivamente il fatto che si sia voluto intitolare l'evento Time for solution, ricorda la lentezza con la quale si è proceduto ad affrontare il problema.
Il «diritto all'acqua», anche per i «Paesi in via di sviluppo» e le «economie emergenti», deve essere garantito con formule innovative, «passando dalle dichiarazioni di intenti alle soluzioni». La comunità internazionale potrebbe pensare anche a una «eventuale tassazione sulle transazioni finanziarie» come «modalità innovativa di finanziamento», sostiene la Santa Sede nel "contributo al Sesto Forum mondiale dell'Acqua", elaborato dal Pontificio consiglio per la giustizia e la pace.
«Ancora oggi, in contesti diversi, molte persone non possono vivere dignitosamente e sono particolarmente esposte a morbilità e mortalità. Manca, infatti, un sufficiente accesso all’acqua potabile in quantità e qualità adeguate», si legge nel documento. Vengono riportati dati di ricerche che tolgono il fiato: «1,9 miliardi di persone avrebbero a loro disposizione solo acqua insalubre, mentre 3,4 miliardi di persone utilizzerebbero saltuariamente acqua di qualità insicura. Secondo queste ultime statistiche, l’accesso all’acqua potabile non verrebbe, in definitiva, garantito a circa la metà della popolazione mondiale». In ogni caso, secondo il documento vaticano «le cifre relative a tale accesso comunemente avanzate nelle sedi internazionali non rispecchiano la complessità del fenomeno».
Un bambino trasporta una bottiglia d'acqua a Epworth, un sobborgo di Harare, la capitale dello Zimbabwe.Foto di Philimon Bulawayo/Reuters.
«La Santa Sede auspica che nel 2012 siano prese decisioni incisive fondate su validi principi e siano condivise pratiche "virtuose" da istituzionalizzare e universalizzare, per quanto possibile, a partire dall’anno successivo, dedicato dall’Onu alla cooperazione relativamente ai problemi dell’acqua». Non solo analisi, però. Il Pontificio consiglio per la Giustizia e la Pace propone anche alcune soluzioni. Si torna a parlre di tassazione delle tansazioni finanziarie, per esempio. Che la si chiami Tobin tax o in un altro modo, l'essenziale, per la Santa Sede, è che sia rispettato «il principio della giustizia, articolato negli aspetti commutativi, contributivi, distributivi, ossia come giustizia sociale, deve ispirare le soluzioni della questione dell’acqua. Questo stesso principio deve, ad esempio, orientare la suddivisione equa degli investimenti necessari allo sviluppo e a promuovere l’attuazione del diritto all’acqua».
«I Paesi in via di sviluppo e le economie emergenti», sottolinea il documento, «devono contribuire a tali investimenti, in proporzione alle loro possibilità, affiancandosi così ai tradizionali Stati donatori. La comunità internazionale, dal canto suo, è chiamata ad adottare modalità innovative di finanziamento. Tra queste può essere inclusa quella rappresentata dai capitali ricavati da un’eventuale tassazione sulle transazioni finanziarie. Il principio di giustizia deve, inoltre, aiutare a individuare i danni causati al bene dell’acqua e a proporre possibili riparazioni o sanzioni. A tale scopo appaiono funzionali corti di giustizia abilitate alla ricezione di reclami da parte di coloro il cui diritto all’acqua non è garantito».
Annachiara Valle