20/11/2012
Sono oltre 500 mila, tutti nati nel nostro Paese. Danno colore e speranza al futuro. Rappresentano la seconda generazione degli emigranti che ci hanno scelto come terra promnessa. E patiscono perché non possono chiamarsi italiani a tutti gli effetti anche se in realtà stanno cambiando il volto dell’Italia. Nelle nostre regioni, i minorenni d’origine straniera rappresentano in questo momento il 23,9 per cento degli extracomunitari in possesso di un regolare permesso di soggiorno (3 milioni e 637 mila). Ormai, in Italia, i minori di 18 anni nati da genitori non ancora cittadini sono più di mezzo milione.
E proprio a loro è dedicata la pubblicazione Facce d’Italia, realizzata dall’Unicef in occasione del 20 novembre, Giornata mondiale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Facce d’Italia si inserisce nel quadro della campagna Io come Tu, lanciata dal Comitato italiano per l’Unicef nel 2010 per l’eguaglianza dei diritti di tutti i minorenni e la non discriminazione dei bambini e degli adolescenti di origine straniera che vivono in Italia.
«Al di là delle definizioni che non rendono giustizia alla complessità e verità di storie che si nascondono dietro la definizione “di origine straniera”, per questi bambini e adolescenti si è evidenziato un grave rischio di esclusione sociale e di mancanza di opportunità, con il conseguente mancato godimento dei propri diritti», sottolinea Giacomo Guerrera, presidente del Comitato italiano per l’Unicef. Il principale diritto non riconosciuto ai minori stranieri che vivono nel nostro Paese è quello della cittadinanza italiana.
«Non so se definirla follia o assurdità», denunciò proprio un anno
fa, con parole che fecero scalpore, il Presidente della Repubblica,
Giorgio Napolitano. «Noi abbiamo ormai centinaia di migliaia di
bambini immigrati che frequentano le nostre scuole», disse Napolitano,
«e che per una quota non trascurabile, sono nati in Italia, ma ad essi
non è riconosciuto questo diritto elementare, ed è anche negata la
possibilità di soddisfare una loro aspirazione che dovrebbe
corrispondere anche a una visione nostra, nazionale, volta ad acquisire
dalle giovani generazioni nuove energie ad una società abbastanza
largamente invecchiata, se non sclerotizzata».
Per la cronaca, nell’anno scolastico 2011-2012 sono quasi 750 mila
gli alunni di cittadinanza non italiana seduti dietro i banchi delle
nostre scuole. In Italia la legge vigente sulla cittadinanza si basa sullo jus sanguinis,
il “diritto di sangue”. Vuol dire che si diventa cittadini italiani o
dalla nascita (se uno dei genitori è italiano) o per naturalizzazione,
dopo dieci anni di residenza regolare o dopo tre anni di matrimonio con
un italiano. Non viene contemplato, invece, lo jus soli, il
“diritto del suolo”, cioè l’automatica cittadinanza per chi nasce sul
territorio italiano. Oggi chi nasce in Italia da persone straniere deve
attendere i 18 anni di età, solo allora potrà avanzare la richiesta di
cittadinanza, ma avrà tempo di farlo solo fino al compimento dei 19
anni.
In Parlamento ci sono proposte di legge (anche di iniziativa
popolare) per cambiare le norme sulla cittadinanza, ma restano forti
divisioni fra le forze politiche e mancano ormai pochi mesi allo
scioglimento delle Camere. L’assenza di una legge per la
cittadinanza ai figli degli stranieri nati in Italia è considerata dal
ministro della Cooperazione Andrea Riccardi «uno degli obiettivi mancati
dalla politica in questo ultimo scorcio di legislatura».
Roberto Zichittella