Gantin, simbolo della speranza del continente

21/02/2013
Il cardinale Bernardin Gantin.
Il cardinale Bernardin Gantin.

Il suo nome, nel dialetto della sua terra, significa “albero di ferro”. Uomo di un’affabilità rara, latinista raffinatissimo, di intensa vita spirituale e pastorale. Il suo nome è Bernardin Gantin, il cardinale originario del Benin, ex colonia francese, dove convivono cattolici, islamisti e animisti. Gantin, scomparso nel 2008, già prefetto della Congregazione dei vescovi, membro della Commissione cardinalizia dello Ior e decano nel collegio cardinalizio, è stato un grande amico dell'allora prefetto della Congregazione della fede (l’ex Sant’Uffizio), il cardinale Joseph Ratzinger. Può essere considerato uno dei simbli della Chiesa africana. testimone del Concilio, fu indicato tra i "papabili" in due conclavi.  Nel corso del suo pontificato Benedetto XVI si recherà per ben due volte proprio nel Benin, piccola isola felice del continente africano, per pregare sulla sua tomba.

Perché il Benin? Innanzitutto perché il Paese può essere preso come simbolo di un’Africa nuova, siombolo della convivenza religiosa ed etnica. Questo Stato, pur piccolo dal punto di vista geografico, occupa un posto di primo piano nella diffusione del Vangelo nell’Africa occidentale. Il suo Seminario principale è stato un centro di irradiazione dell’evangelizzazione e della pastorale nel Togo, nel Niger, nel Ghana e in Nigeria. E quella di Ouidah, cittadina a 43 chilometri da Cotonou, è la prima Cattedrale della regione. “In Benin – ricordò padre Lombardi – il porporato è considerato un padre della patria, tanto è vero che gli è stato intitolato l’aeroporto internazionale di Cotonou”. Gantin, alla cui tomba il Papa ha reso omaggio, non è l’unica personalità cattolica del Paese africano.

Tra i grandi di ogni tempo viene annoverato anche un altro prelato beninese, l’arcivescovo di Cotonou, Isidore de Souza, presidente della Conferenza nazionale che all’inizio degli anni ’90 traghettò il Paese verso la democrazia. Un assetto che tuttora sussiste e ha dato buoni frutti e che è un altro dei motivi per i quali il Paese è stato scelto per presentare l’esortazione postsinodale su riconciliazione, pace e giustizia. Quell’Africa percorsa da venti di speranza (come le «primavere arabe»), cui tutto il mondo guarda con interesse e partecipazione.

Francesco Anfossi

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