Bonanni: la politica batta un colpo

30/04/2013
Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni (Ansa).
Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni (Ansa).

Raffaele Bonanni, segretario della Cisl, sarà a Perugia domani, 1° maggio. Perché la scelta è caduta proprio sul capoluogo umbro? «È un 1° maggio amaro per molti lavoratori e tante famiglie esauste, che devono fare i conti ogni giorno con una crisi di cui non si intravede ancora, purtroppo, l’uscita. Ma domani sarà anche una giornata di lotta e di speranza. Il sindacato ha scelto unitariamente Perugia come sede della manifestazione nazionale non solo per ricordare il dramma delle due lavoratrici della Regione uccise mentre facevano il loro dovere in ufficio. Perugia e l’Umbria, infatti, sono in questo 1° maggio il simbolo della disperazione del lavoro, della costante deindustrializzazione del Paese, della crisi di un modello economico formato da tante piccole e medie imprese che rischiano di chiudere i battenti per sempre».

Da dove si deve ripartire?

«Abbiamo apprezzato il discorso fiducioso e l’appello del nuovo presidente del Consiglio, Enrico Letta: il Paese ha bisogno di maggiore coesione sociale e della collaborazione di tutti, superando le sterili contrapposizioni politiche dell’ultimo ventennio. Di fronte alla drammaticità della crisi occupazionale occorre aprire il confronto per un vero patto per la crescita, in cui tutti facciano la propria parte per rilanciare gli investimenti: governo centrale, regioni, imprese, sindacati, banche. Questo sarà il messaggio pacifico ma forte che il sindacato lancerà in tante piazze italiane. Uniti si vince, divisi si perde».

Quali sono le prime cose da fare?
«Occorrono urgentemente interventi di sostegno per i lavoratori che rischiano il licenziamento. Ecco perché il primo provvedimento che il nuovo Governo Letta dovrà assumere è rifinanziare la cassa integrazione in deroga e dare garanzie anche a migliaia di esodati senza salario e senza pensione. Bisogna dare, inoltre, risposte concrete ai tanti precari della pubblica amministrazione e della scuola che rischiano di rimanere a casa. Per questo abbiamo protestato davanti al Parlamento nei giorni scorsi e protesteremo ancora, nelle prossime settimane, in tutte le regioni. Ma noi non chiediamo solo assistenza. Vogliamo una svolta nella politica economica, un “new deal” che possa far crescere salari, pensioni e consumi delle famiglie».

Sarà difficile senza interventi forti. Cosa suggerite al Governo?
«Non ci sono scorciatoie: occorre ridurre le tasse ai lavoratori, ai pensionati, ma anche alle imprese che investiranno e assumeranno i disoccupati. È importante che lo abbia riconosciuto anche il presidente Letta perché questa rimane la strada per dare ossigeno all’economia. La riduzione delle tasse è una misura che si autofinanzia perché ci saranno nuove entrate fiscali con la ripresa dei consumi e della spesa delle famiglie. Se invece si lasciano le cose come stanno, avremo un aumento ulteriore delle povertà e delle disuguaglianze sociali». 

In queste ore, intanto, tiene banco la questione dell’Imu. Cosa ne pensa la Cisl?
«È giusto eliminare un’imposta odiosa come l’Imu, ma a chi ha una sola casa. E occorre anche colpire penalmente l’evasione fiscale, premiare con maggiori sgravi chi assumerà i giovani precari e soprattutto le donne. La nuova occupazione verrà solo da una buona economia e dalla capacità di favorire lo sviluppo. È fondamentale, per esempio, sbloccare con un decreto tutti quei progetti di opere pubbliche fermi da anni per i veti incrociati degli enti locali, delle lobbies e anche della magistratura. Parliamo di energia pulita, trasporti, strade, inceneritori, opere di bonifica del territorio».

Non crede che questo Governo sia “debole” per portare a termine questi vostri suggerimenti?

«Anche le regioni e gli enti locali possono fare di più per aiutare le aziende in crisi. Possono dimezzare le tasse locali e i costi dell’energia, facendo funzionare meglio i servizi. Invece è tutto fermo, immobile. Il Paese ha bisogno di una “frustata”, di ridurre i livelli amministrativi e istituzionali e gli sprechi di una spesa pubblica improduttiva, perché non c’è un prima e un dopo: lavoro, tasse più basse e riforme istituzionali devono arrivare insieme. Quanto a noi, raccoglieremo migliaia di firme per obbligare il Parlamento a rivedere il Titolo quinto della Costituzione. Ci aspettiamo questo impegno dal Governo Letta e da tutte le forze politiche».

Il sindacato resta in attesa, dunque, di vedere quello che farà il Governo?
«Ora noi aspettiamo i fatti. Ci vuole una politica industriale orientata dallo Stato all’innovazione tecnologica e di prodotto, alla green economy, alla ricerca, alle nuove infrastrutture, alle reti digitali. Il sindacato, per quanto ci riguarda, sa cosa deve fare per assumersi le sue responsabilità. Abbiamo raggiunto proprio oggi un accordo storico sulle regole della rappresentanza in tutti i posti di lavoro. Siamo pronti a negoziare con le imprese nuove intese sulla produttività per aumentare i salari grazie alla forte detassazione. Ma non abbasseremo la guardia. Ecco perché da Perugia e da tutte le città italiane, in occasione del 1° maggio, rivolgeremo il nostro appello alla classe dirigente italiana affinché trovi la forza per imprimere quella svolta profonda che da tempo reclamano le forze sociali e l’interesse generale del Paese».

Manuel Gandin

a cura di Francesco Anfossi e Paolo Perazzolo
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