Adorazione dei Magi di Paolo Veronese (1528-1588). Vicenza, chiesa di Santa Corona.
Matteo (2,1-12)
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da Oriente [...]. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Dio non esclude nessuno
Non ci sono più i pastori, sono tornati alle loro greggi, e anche gli angeli hanno svolto il loro compito. Non c’è più la mangiatoia, ma c’è una casa, cui Giuseppe ha provveduto. Anche il racconto si fa più solenne e i personaggi non sono più degli sprovveduti pastori, ma degli studiosi: al posto degli angeli c’è una stella e ci sono dei conoscitori del cielo, gente che scruta gli astri e ne interpreta l’andamento. C’è un re e i suoi consiglieri, interpreti delle Sacre Scritture, che lo attorniano.
I Magi, gli studiosi delle stelle, vengono da lontano, stanno compiendo una ricerca, attratti da un segno da decifrare, più difficile di quello dato ai pastori – gli angeli avevano una voce! –, e dunque non possono rivolgersi a gente qualunque per avere informazioni. Sono entrati nel palazzo di un re e pensano di trovare da lui la risposta alla questione della stella, che però, nel frattempo, è scomparsa.
I segni di Dio scompaiono là dove la presunzione degli uomini decide di prevalere: di sapere ogni cosa, di dire sempre tutto, di eludere la grazia del dono. I Magi, dall’alto dei loro cammelli, mi sono sempre sembrati tutt’altro che bisognosi di salvezza: curiosi, intelligenti, capaci di trovare la casa di Erode, ma smarriti nella ricerca della casa di Gesù. Con i pastori non era tutta un’altra storia? Ma anche le Sacre Scritture dei consiglieri del re parlano di Betlemme e di un “bambino”, indicano la via verso il Signore: è giusto che lo si possa cercare e trovare nei modi più diversi! Che Dio risponda a chiunque lo ricerca è bello e consolante: lui non esclude nessuno, ma abbraccia tutti coloro che si incamminano verso Gesù, il Figlio fattosi uomo per ciascuno di noi.
I Magi, come i pastori, sono ora di fronte al bambino e a sua Madre; prostrandosi e adorando, devono riconoscere nel piccolo ciò che scrutavano nel grande cielo e tornare a casa per una via diversa. Hanno provato una gioia nuova e solida, valida per un cammino più impegnativo e più bello di quello compiuto all’andata... E non hanno studiato l’itinerario su mappe complicate: hanno sognato un’altra via.
Per la Bibbia, nei sogni, è Dio che parla. Nel sogno c’è come un angelo che raggiunge l’uomo e lo chiama, gli dà forza per un cammino inatteso. Sognare, desiderare un incontro come quello che splende nel Natale, è il primo di tanti passi di un cammino che ci cambia la vita.
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Adorazione dei pastori, tela di Giorgione (1477-1510).
Luca (2,16-21)
[I pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
L'esperienza dello stupore
Chi è al centro di questa pagina evangelica? Non ci sono dubbi: il “bambino”. È lui che viene cercato, trovato, visto, raccontato dai pastori. È lui che rende pieni di stupore quanti ne sentono parlare. È lui che viene circonciso e riceve il nome. Ma anche Maria compare in una posizione del tutto singolare: viene incontrata dai pastori, presenta un cuore che custodisce e medita il “mistero” della salvezza, offre il suo grembo per il concepimento di Gesù, ossia di Dio che si fa uomo per noi.
Chi è al centro? Siamo tentati di dire: sono i pastori, che dall’angelo hanno ricevuto l’annuncio gioioso della nascita di Gesù. Proprio su di loro vogliamo soffermarci. Si trattava di gente piuttosto rozza, ai margini della società, non estranea a ruberie o addirittura a qualche delitto.
Luca li fotografa in cammino: «andarono senza indugio». Sentono irresistibile il bisogno di verificare l’annuncio ricevuto. I loro passi non sono mossi da semplice curiosità, quanto da un atteggiamento virtuoso di apertura e di accoglienza: l’annuncio è così straordinario che, se vero, è l’inizio di qualcosa di grande, di bello, di affascinante: è la sorprendente novità della salvezza, di una speranza di riscatto che è anche per loro. Sì, gente rozza ed emarginata i pastori, ma anche semplici, attenti ai segni, incapaci di dire di no alle cose da poco: anche un segno piccolo basta al loro bisogno. E cosa è più piccolo di un bambino? Cosa è più fragile? Ma i segni non sono, per loro natura, fragili? Chiedono di essere spiegati e interpretati: in questo caso, dalla luce nuova della fede. I pastori non possono attingere alla loro “cultura”: non ne hanno, non conoscono neppure le Sacre Scritture. Sanno solo ripetere le parole dell’angelo e se ne fanno portavoce persino a Maria e Giuseppe, che si stupiscono di quanto si avvera: anche loro, per la verità, avevano avuto solo la garanzia della parola di un angelo e pochi segni fragili per dire il loro sì a Dio!
segni fragili per dire il loro sì a Dio! In particolare Maria si rafforza nella speranza di tutto Israele e ricollega le fila di una meditazione ormai lunga nove mesi di attesa, che ridà a Dio il suo posto dentro la storia degli uomini: l’Onnipotente è suo Figlio, nato da lei all’interno di un disegno che lei stessa comprende solo attraverso una fede giovane, ma che non sa dire di no a Dio.
«Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori». Anche questi hanno un loro spazio nel brano evangelico. È lo spazio amplissimo della folla, di cui tutti noi siamo parte. E così l’esperienza dello stupore che i pastori vivono nell’incontro con il “bambino” si allarga anche a me: anch’io non posso non essere preso da stupore di fronte a Dio che mi ama e mi salva così.
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