6 novembre 2011 - XXXII del Tempo ordinario


Matteo (25,1-13)


«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. [...] A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi”. [...] Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».


Una risposta personale

«Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora» (Mt 25,13). La parabola delle dieci vergini allude al ritorno di Cristo alla fine dei tempi, quando tutti saremo chiamati ad andare incontro allo Sposo. L’allegoria è desunta dalle usanze dell’epoca, ma la similitudine delle vergini serve al Maestro per indicare quella condizione interiore di purezza, indispensabile per accogliere la parola di Dio dentro di sé, come Maria che nella sua verginità accolse il Verbo nel suo grembo. Dio non può entrare nel cuore di chi, amando altro più di lui, non è pronto, con le lampade accese, ad accoglierlo nella sua vita.

L’attesa presuppone la verginità del cuore e una fede sempre viva, perché chi aspira all’unione totale con il Signore, come le vergini sagge, insieme alle lampade prende anche «l’olio in piccoli vasi» (Mt 25,4). I cristiani, per essere luce del mondo, devono alimentare la loro fede, fragile come piccoli vasi, attingendo alla forza dello Spirito, alla grazia di Dio, che come l’olio mantiene acceso l’amore per il Signore.

Chi invece lungo la strada che conduce alle nozze si addormenta ogni volta che lo Sposo ritarda, come le vergini stolte, corre il rischio di trovarsi con le lampade quasi spente, per mancanza di olio. La sua fede si affievolisce ogni volta che Dio sembra non rispondere immediatamente alle sue richieste e a nulla serve, come nella parabola, chiedere aiuto alle vergini sagge: «Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono» (Mt 25,8).

Nessuno può donare la propria fede a un altro, si può testimoniare con la propria vita la piena adesione a Cristo, si può aiutare chi è nel bisogno, consolare chi è afflitto, dare speranza a chi è disperato, ma la risposta che ognuno dà a Dio è necessariamente personale. Le vergini sagge, infatti, risposero: «No... andate piuttosto dai venditori e compratevene» (Mt 25,9).

Il rifiuto delle vergini sagge non è dunque un atto di egoismo, piuttosto sta a significare che il dono della fede non arriva per pura magia ma implica una scelta, l’adesione a un progetto di salvezza, un “andare” verso, un voler “prendere” dalla parola di Dio quell’olio che ci rende capaci di affidarci completamente al Signore, aspettando i suoi tempi che mai coincidono con le nostre attese. Chi anela all’incontro è capace di vegliare e nell’attesa del giorno e dell’ora s’impegna con saggezza nella ricerca della Via, della Verità, della Vita, perché «La sapienza... si lascia trovare da quelli che la cercano» (Sap 6,12).

La fede nasce dal desiderio intimo, personale, di andare incontro allo Sposo; nasce nel cuore di chi è assetato di vero amore: «Ha sete di te, Signore, l’anima mia» (Sal 63,2).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO ROMANO, curata dal cardinale Dionigi Tettamanzi. 

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