11 dicembre - III domenica di Avvento
Giovanni (1,6-8.19-28)
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni [...]: «Io non sono il Cristo. [...] Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa. [...] Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
La luce che ci salva
La parola-chiave della terza domenica di Avvento potrebbe essere questa: la verità del Natale. Chi è colui che attendiamo? Chi sta al centro della festa? Non sono i nostri bambini, anche se – come “piccoli” in senso evangelico – ci insegnano lo stupore davanti al dono vivente di Dio. Al centro c’è il bambino di Betlemme, Dio che si fa uomo nel grembo di Maria, il Cristo che di tutti è luce che illumina e salva, sorgente d’acqua viva che dà gioia e pace. La verità del Natale ha bisogno di testimoni che la mostrino non semplicemente con le parole ma con la vita.
E il primo testimone è Giovanni, il Battista: «Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui». È preso d’assalto dai farisei, raggiunto dalla domanda sulla sua identità: «Tu, chi sei?». Ed è stimolato senza sosta: «Sei tu il Cristo? Elia? Il profeta?». E sin qui la risposta è categoricamente negativa. Sarà allora lui, Giovanni, a offrire la risposta vera e certa.
Risponde con il gesto del battesimo nell’acqua, nel senso annunciato da Isaìa: «Io sono voce che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore». Il Battista chiama dunque alla conversione morale e al perdono dei peccati. Ma solo il battesimo di Spirito Santo, solo la grazia di chi è “più forte” di Giovanni può ottenere la misericordia di Dio e la sua salvezza. È questo il senso della risposta ai farisei: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Queste parole ci dicono, anzitutto, l’umiltà del Battista: non un semplice sentire morale, ma un vero e proprio atteggiamento di fede. Solo nella fede, in realtà, stanno la radice e la forza per riconoscere che la salvezza dell’uomo non è frutto delle sue opere, ma è dono liberissimo di Dio. È «grazia», come l’apostolo Paolo non si stanca di ripetere: «Per grazia siamo salvati!». Una lezione di fede umile e grande, questa, che apre il nostro cuore a rendere grazie e lode al Signore.
Per la nostra preparazione al Natale sono importanti anche queste altre parole: «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete». Dicono l’urgenza per noi di una fede “contagiosa”, che diviene “professione” – annuncio esplicito – e che sfocia in una “testimonianza” credibile per i non pochi che ancora non conoscono Cristo Gesù e il suo Natale: non lo conoscono per non averne mai sentito parlare, per l’indifferenza nei riguardi del Signore, per il rifiuto delle sue parole e dei suoi gesti d’amore.
In questa prospettiva il nostro percorso verso il Natale ci conduce a generare e a vivere una condivisione, con persone “lontane” dal Signore, di quella gioia unica che esplode nella grotta di Betlemme con la nascita del Salvatore del mondo.
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