8 gennaio 2011 - Battesimo del Signore


Marco (1,7-11)


Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Amati come il Figlio

Un grande salto nel tempo: Gesù non è più un bimbo fragile, ma è ormai un adulto sulla via dell’annuncio del Regno di Dio. Sta per avere inizio la sua missione. Giovanni parla di lui e con grande coraggio lo addita a tutti come il Forte, cui Dio ha dato il potere di immergere l’umanità nello Spirito di misericordia e di perdono. Il Precursore ha già fatto la sua parte: sulle rive del Giordano ha predicato la penitenza in vista della conversione a Gesù, che ora è mischiato tra la gente, Figlio amato di Dio, tra i discepoli di Giovanni.

Il Battista non è uomo smanioso di notorietà e di un posto importante nella storia. Sa però una cosa: Dio dà, ora, inizio a una stagione nuova dell’umanità: l’uomo desideroso di incontrarlo, se davvero lo vuole, lo trova, mettendosi umilmente sulle tracce di Gesù.

Non è così scontata questa ricerca: esige tanta fiducia proprio nelle prime “difficili” parole che Dio pronuncia su quel Gesù che abbiamo visto povero e umile, annunciato sì dagli angeli, ma pur sempre affidato alla nostra semplicità. Ora la sfida si fa veramente straordinaria: quel Gesù che abbiamo contemplato nel suo Natale, non è un profeta tra i tanti, non è neppure il più grande degli uomini della storia. Occorre che noi prestiamo fiducia... anzi fede a una parola mai udita prima dalla bocca di Dio: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Cosa significano queste parole? Due verità: la prima riguarda Gesù e la sua identità. Per quanto possa sembrarci affascinante ascoltarne la parola – dalle beatitudini fino all’ultima più piccola parabola racchiusa nel Vangelo –, occorre andare oltre l’ascolto e accedere all’obbedienza a ciò che Gesù ci dice, occorre entrare e dimorare in lui, Parola fatta carne per la vita del mondo. La sua è una parola liberante, fa della nostra vita un luogo di verità e bellezza, di bontà e giustizia, di amore e adorazione del Dio vivente.

La seconda verità è forse ancora più bella: Gesù è l’immagine che ci è dato di contemplare per avvicinarci a Dio, anzi per ricevere da lui in dono i tratti del suo volto, sino a essere trasformati in figli suoi. Come Gesù, il Figlio del Padre, è l’amato, così – proprio come figli   siamo amati anche noi.

È questa la voce che continua a venire dal cielo e che ripete per ciascuno di noi la nostra somma dignità: sono l’amato da Dio, in me è il suo compiacimento. Nulla mi può essere di più prezioso e confortante nella vita.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO ROMANO, curata dal cardinale Dionigi Tettamanzi. 

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