8 maggio 2011 - Terza domenica di Pasqua


Luca (24,13-35)


Due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo [...] Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.


Si aprirono i loro occhi

«Resta con noi, perché si fa sera» (Lc 24,29). Come tanti di noi, quando i giorni felici sono al tramonto e lungo il cammino cala la sera, i discepoli di Emmaus si chiedevano come fosse possibile continuare a vivere se i sogni naufragano nel dolore, se tutto si riduce a una manciata di ore. Anche loro, che pure avevano visto il Maestro far camminare gli zoppi e vedere i ciechi, moltiplicare pane e pesci, adesso che era morto sentivano una profonda tristezza: il passato e il presente, tutto diviene insopportabile se nell’ora della prova non c’è possibilità di un futuro riscatto.

Quando la nostra storia ci appare senza senso è facile cadere nella tentazione di non credere più a nulla: la fede ci appare d’improvviso l’avvenire di un’illusione, i nostri occhi accecati dal dolore ci impediscono di riconoscere il Signore nelle persone che ci sono accanto. E quando alle nostre preghiere non arrivano risposte immediate, quando la nostra strada sembra portarci a una meta diversa da quella desiderata, Gesù ci appare un
forestiero incontrato per caso lungo il cammino della nostra vita.

Quando la malinconia della sera prende il sopravvento, incapaci di avvertire la compagnia del Maestro, non ci accorgiamo che Gesù è sempre sulla nostra strada, sempre attento a camminare al nostro fianco quando i sentieri della vita sono quelli del dolore.

Troppo spesso, chiusi in noi stessi, schiacciati dal peso delle nostre croci non vediamo le croci degli altri, non ci lasciamo aiutare, né siamo disposti a offrire aiuto, dimenticando che solo nella condivisione si può vincere ogni dolore, perché solo la compagnia facilita il passo lungo la via.  «Resta con noi perché si fa sera», è allora la richiesta di chi, sulle strade del mondo, cerca un compagno sincero per affrontare la notte. Non è un caso che i discepoli di Emmaus, che pure avevano creduto alla parola e alle opere del Maestro, sul calar della sera non riconobbero la sua voce, ma nel vederlo spezzare il pane: «si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero» (Lc 24,31).

«Resta con noi, perché si fa sera», la tua presenza ci aiuterà a superare la notte, è la preghiera di quanti, sicuri che il Signore sarà al loro fianco nel tratto di strada che manca alla meta, spezzano il pane con l’affamato. Se sapremo schierarci senza paura dalla parte di chi soffre, di chi è nel bisogno, anche noi sentiremo ardere il nostro cuore, riconosceremo la voce del Maestro che parla di vita, quella redenta, quella amata dal Padre. Allora con fede sincera leveremo al cielo la nostra preghiera: «Proteggimi, o Dio, in te mi rifugio... Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 16,1.11).

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Rito romano

In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO ROMANO, curata dal cardinale Dionigi Tettamanzi. 

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