15/04/2010
Il cardinale Severino Poletto nel Duomo di Torino, durante la Messa che il 10 aprile 2010 ha inuagurato solennemente l'ostensione.
Con il cardinale Maurilio Fossati condivide un originale record: l’aver curato due ostensioni. Il suo predecessore si occupò di quella organizzata nel 1931, in occasione delle nozze tra il principe Umberto II di Savoia e la principessa Maria José, e di quella voluta nel 1933, Anno santo straordinario, indetto per celebrare il diciannovesimo centenario della Redenzione; lui si appresta aguidare la prossima, dopo aver coordinatoquella del 2000, in assoluto la più lunga dellastoria recente: ben 72 giorni.
Il cardinale Severino Poletto, sacerdote dal 1957, è stato vescovo di Fossano e poi di Asti; dal 1999 è arcivescovo di Torino. «Ricordo la prima volta che vidi la Sindone dal vivo», esordisce. «Fu nel 1978. Accompagnavo in pellegrinaggio la mia gente. Ero parroco a Maria Assunta, a Casale Monferrato,in una zona chiamata Oltreponte, un quartiere di immigrati e di operai. Rimanemmo in coda due ore se non addirittura tre. Tanta attesa, nessuna spiegazione. Dall’ostensione del 1998 non è più così».
«La nostra fede non si fonda sulla Sindone, bensì sul Vangelo e sui testimoni diretti, cioè sugli apostoli, che hanno annunciato Gesù Cristo crocifisso e risorto, il Salvatore», precisa il cardinale Poletto. «Aggiungo però che la Sindone aiuta la fede. Quell’immagine, misteriosa per la scienza e sfida per l’intelligenza, come l’hadefinita Giovanni Paolo II, è un “racconto”della passione di Cristo. Il corpo e il volto dell’uomo della Sindone riportano, con impressionante chiarezza, i segni delle stesse identiche torture cui fu sottoposto Gesù: l’uomo avvolto da quel lenzuolo, infatti, fu flagellato, coronato di spine, crocifisso e colpito con una punta acuminata al costato. Davvero la Sindone è specchio del Vangelo, come ha ricordato papa Wojtyla in visita a Torino, il 24 maggio 1998».
«L’ostensione è un evento dal preciso carattere spirituale e pastorale», continua l'arcivescovo di Torino. «Dall’ottobre 2009 al marzo 2010, le comunità parrocchiali della diocesi sono state chiamate a meditare sul tema scelto: Passio Christi, passio hominis (la passione di Cristo, la passione dell’uomo, ndr). Sono stati organizzati incontri di preghiera, liturgie della Parola, conferenze».
Impossibile eludere la domanda: è proprio quello il telo che avvolse Gesù depostodalla croce? «L’ho ribadito anche nel messaggio scritto in vista della Pasqua di quest’anno: lasciamo agli scienziati e agli storici seri, non ai prevenuti in partenza, il compito di valutare e risolvere la questione relativa all’autenticità della Sindone», puntualizza il cardinale Poletto. «A noi basta sapere che quanti l’hanno studiata a lungo, e con criteri scientifici oggettivi, finora non sono riusciti a spiegare come si sia formata quell’immagine, concludendo che non è certamente un manufatto. Ripeto: l’ostensione è un evento di naturaprettamente spirituale. Quel volto indica a tutti la stretta relazione tra la passione del Signoree le sofferenze umane, passate e presenti. La Sindone ricorda all’uomo moderno il dramma di tanti fratelli e lo invita a interrogarsi sul mistero del dolore, per approfondirne le cause senza cadere nella disperazione e nel nichilismo. Solo la croce salvifica di Gesù getta un fascio di luce sull’oscurità misteriosa delle sofferenze di fronte alle quali restiamo muti, disorientati. Penso agli ammalati e ai moribondi, ai poveri che abitano le nostre città, a coloro che hanno perso il lavoro o sono in cassa integrazione, alle famiglie lacerate e divise, alla fatica di molti immigrati onesti che non si sentono accolti e integrati, alla Chiesa perseguitata in molte parti del mondo».
«La Sindone, ricordava Giovanni Paolo II, è anche immagine del silenzio», conclude l’arcivescovo di Torino. «C’è il silenzio tragico dell’incomunicabilità, che ha nella morte la sua massima espressione, ma c’è pure il silenziodella fecondità, che è proprio di chi vuol raggiungere le radici della verità e dellavita. La Sindone è commovente conferma del fatto che l’onnipotenza misericordiosa del nostro Dio non è fermata da nessuna forza del male. E ci ricorda che, risorgendo, Gesù ha superato per sé e per noi la barriera della morte. Questo grande evento è garanzia della nostra risurrezione».
Dossier a cura di Alberto Chiara