03/11/2011
Gaia ha 32 anni, una laurea in Comunicazione con il massimo dei voti e da otto anni lavora in un’agenzia di pubblicità. Prima di Natale finirà il corso per diventare “dealer”, mazziere, ai tornei di poker. Si viene pagati a gettone con la ritenuta d’acconto. Una serata può fruttare anche 130 euro. «Il casinò non mi interessa», precisa subito, «né lasciare il mio lavoro, almeno per ora. Voglio aprirmi una strada alternativa, tutto qua. Mi sono iscritta alla scuola per passione perché la figura della donna croupier mi intriga tantissimo, la trovo abbastanza elegante e perché il gioco, dalle carte ai videogiochi, è una mia grande passione sin da quando ero adolescente».
Chi pensa che la scuola sia una passeggiata è costretto a ricredersi. «Niente affatto», spiega, «le lezioni sono abbastanza faticose perché ti accorgi che ogni passaggio che da giocatore consideri quasi scontato e naturale, facendo il croupier ti rendi conto invece che richiede una tecnica molto precisa».
A differenza di lei, molti suoi colleghi di corso sono disoccupati: «Tentano questa carriera per guadagnare di più», dice, «per questo c’è una grande varietà di persone che si iscrivono: dal ragazzo di 18 anni allo studente dell’Accademia di Brera al manager affermato che non ha problemi di soldi ma decide ugualmente di mollare tutto perché cerca nuovi stimoli e un’occupazione meno abitudinaria e più avventurosa».
Sfondare, assicura, non è sempre facile: «In questo mestiere c’è quasi una selezione naturale, solo sul lungo periodo si vede chi veramente ha la passione e la fibra per farlo e chi no».
Sul poker online, da poco liberalizzato tra grosse polemiche perché, di fatto, legalizza il gioco d’azzardo l’aspirante croupier ha le idee chiare: «È stata una mossa sbagliata, giocare su Internet è un po' squallido, quasi una malattia. Molti non riescono a controllarsi e non hanno nessuna percezione di quello che fanno».
Antonio Sanfrancesco