15/03/2012
Sono circa 25 milioni in tutto il mondo, e più di 2
milioni in Italia le persone che convivono con un tumore in fase di cura o
remissione. Di questi, circa 1 milione e 300mila sono sopravvissuti almeno 5
anni a una diagnosi. Sono i cosiddetti "survivors" o "lungo
sopravviventi". Alcuni possono essere considerati guariti, perché da molti
anni non sono più evidenti segni della loro malattia. Sempre più spesso per
altri, grazie alle moderne cure, il cancro si è trasformato in una
"condizione cronica" con cui convivere, prendendo farmaci e
sottoponendosi a regolari controlli.
«La “lungosopravvivenza” è una condizione cronica,»
precisa Antonella Surbone, fra i massimi esperti al
mondo di questo tema, docente di Medicina Interna e Oncologia alla
New York University e docente di Comunicazione presso l'Interpersonal
Communication & Relationship Enhancement Program (I*CARE) del M.D. Anderson
Cancer Center di Houston, Texas. «Anticipare al paziente la valutazione degli
aspetti medici e psicosociali che potrebbe trovarsi ad affrontare dopo una
guarigione parziale o completa del tumore, è fondamentale per poter programmare
fin da subito tutti gli interventi necessari ad assicurargli non solo le
migliori chances sul piano della cura, ma anche una lungo-sopravvivenza il più
possibile non condizionata da limitazioni e sofferenze fisiche, psicologiche e
relazionali».
Cancer-free Clinic: un ambulatorio
dedicato.
È proprio il tema della qualità della vita, nella
nostra cultura importante quasi quanto la sua durata, a rendere necessario un
approccio diverso alla cura del cancro. Per questo Humanitas Cancer Center ha
attivato un servizio specializzato (Cancer-free Clinic), pensato per le
esigenze dei pazienti che hanno finito i cicli di terapia e devono sottoporsi
al normale programma di controlli. Solo nell'ultimo anno, sono quasi 1.500 le
persone che ne hanno usufruito. Oltre la metà (524) le pazienti sopravvissute
al tumore della mammella, 200 al cancro del colon-retto. Alta la percentuale di
guariti per tumori ematologici.
Armando Santoro,
Direttore di Humanitas Cancer Center,
spiega: «Oggi, quando i medici decidono per una terapia, tengono conto in primo
luogo di quella che offre maggiori probabilità di sopravvivenza, ma anche di
come gli effetti collaterali dell'uno o dell'altro trattamento, immediati o a
lungo termine, possano incidere sui tanti aspetti dell'esistenza che sono
fondamentali e differenti per le diverse persone».
Il fatto che una cura possa compromettere la fertilità
può essere quasi irrilevante per un uomo o una donna che già hanno una famiglia
e dei figli, ma cruciale per un paziente più giovane e senza figli. L’Humanitas
Cancer Center, in stretta collaborazione con il Centro di Medicina della
Riproduzione diretto dal dottor Paolo Emanuele Levi Setti, ad esempio, offre
l'opportunità di prevenire l'infertilità a volte indotta dalle terapie
oncologiche, preservando la possibilità di avere figli attraverso la crioconservazione
preventiva delle cellule uovo e del seme. Inoltre la collaborazione con gli
urologi ha portato alla creazione di un ambulatorio mirato ad aiutare gli
uomini malati di tumore nelle problematiche di funzionalità sessuale e
riproduttiva indotte dagli effetti collaterali delle terapie farmacologiche e
della radioterapia.
Michele Rosati