02/11/2012
Molti uomini e donne si sono infatti
sentiti toccati nel profondo da ciò
che è accaduto; e hanno reagito manifestando
piena solidarietà. Per esempio,
una folta schiera di rabbini da
ogni parte d’Israele ha scritto al priore
dell’abbazia di Latrun, condannando
fermamente le violenze e assicurando
le preghiere degli ebrei a Dio
perché possa donare pace e serenità
alle comunità religiose.
«Noi, membri e simpatizzanti
dell’Elijah Interfaith Institute, che comprende
rabbini, insegnanti e allievi di
studi ebraici, insieme ad altri cittadini
d’Israele desideriamo esprimere il nostro
profondo sdegno per gli atti di
vandalismo contro il monastero di Latrun.
Siamo profondamente dispiaciuti
di questi atti di intolleranza perpetrati
da persone che dicono di condividere
la nostra fede ebraica. A nostro
modo di vedere, la creazione
dell’umanità a immagine di Dio è il
motivo centrale della Torah. Noi crediamo
che la Torah imponga il pieno
rispetto del valore incommensurabile
di ogni vita umana, perché tutti siamo
appunto creati a immagine di Dio.
Non c’è posto per odio e intolleranza
verso coloro che professano una diversa
fede. La Chiesa ha giustamente posto
la questione sul tipo di valori e di
educazione che i bambini ebrei stanno
ricevendo. La nostra associazione
condivide questa preoccupazione e
sta lavorando per portare alla luce gli
insegnamenti del giudaismo. E per affermare
che l’amore verso il proprio
gruppo non può equivalere all’odio
verso gli altri. La vocazione d’Israele è
l’armonia e il benessere di tutta l’umanità.
La via della Torah è una via di pace.
(...)». La strada da compiere è ancora
lunga, anche perché la maggior
parte dei rabbini condanna formalmente
le aggressioni e i vandalismi
contro i cristiani, ma poi di fatto i facinorosi
non vengono isolati nelle comunità.
E, nonostante le condanne
da parte delle autorità israeliane, raramente
i responsabili vengono arrestati
e perseguiti. Ma qualche segnale di
cambiamento c’è, va sicuramente sostenuto
e aiutato a crescere.
La speranza è che l’impegno delle
tante associazioni per il dialogo e per
la pace attive nel contesto mediorientale
possa, giorno dopo giorno, fare
breccia nella società israeliana (ma allo
stesso modo in tutti quei contesti
dove il germe dell’intolleranza alligna)
e che nelle comunità di fedeli,
siano esse ebraiche, musulmane o cristiane,
la comune appartenenza alla
famiglia umana, creata a immagine e
somiglianza di Dio, muova alla conoscenza
e alla vicinanza con l’altro.
La tolleranza diventerà allora condivisione,
«presa in carico» dell’altro,
«sguardo oltre il nostro recinto», passo
indispensabile perché si riconosca
la persona appartenente a una diversa
religione e cultura come una ricchezza
che ci è necessaria. E non come
una minaccia.