01/12/2011
Maggiormente anticipatrice della PE fu l’esperienza
di Pestalozzi che nel 1798-99, trovandosi da
solo e senza mezzi a gestire l’orfanatrofio svizzero di
Stans, dove erano raccolti giovani di diverse età, figli
dei rivoltosi antigiacobini uccisi dall’esercito
francese, privilegia rispetto al modello
dei “monitori” (ripetitori) quello
della responsabilizzazione e della attivazione
di una relazione “fraterna”,
educativa e affettiva dei ragazzi più
grandi che, oltreché allievi, diventarono
“aiutanti e collaboratori”.
Un ulteriore elemento che caratterizza la PE è il suo collocarsi non tanto nell’ambito dell’apprendimento scolastico ma, a partire dagli anni ’70 del Novecento negli Stati Uniti, in quello dell’educazione sanitaria per sensibilizzare i giovani sulla diffusione delle infezioni sessualmente trasmesse (Ist), sull’uso di tabacco, droghe e alcol, sia in ambiti scolastici e giovanili sia in comunità locali come il quartiere gay di San Francisco. I peer educator, nel loro ambito di azione, “sono visti come uno di noi”: il messaggio orizzontale, in particolare in ambiti come quello giovanile, sembra dotato di maggiore efficacia. A questo si è aggiunta la crescente consapevolezza che l’informazione, anche se rigorosa, non è sufficiente a modificare i comportamenti.
Gianmaria Ottolini