01/12/2011
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta, nel
nostro Paese si sono sviluppati diversi progetti di PE, ispirati
inizialmente alla tradizione anglosassone, interpretati in maniera
differente a livello locale in funzione degli obiettivi assunti, delle
diverse sensibilità e dell’influenza esercitata da alcuni modelli
proposti a livello nazionale (cfr. Pellai A., 2002 pp. 57-63).
Di fronte
a questo scenario possiamo individuare tre criteri per un confronto fra
i vari progetti: i diversi target, le aree della prevenzione e i
principali modelli di riferimento.
Tipologie di progetti
a) Target. Mentre nell’esperienza europea prevalgono quelli che
individuano i destinatari nella popolazione studentesca, sia nelle prime
esperienze statunitensi sia in molte più recenti, in particolare
extraeuropee, i target di riferimento possono essere fra loro assai
differenziati. Possiamo allora utilizzare un primo criterio di
confronto: il target di riferimento distinguendo fra popolazione
scolastica e popolazione extrascolastica; poi fra progetti rivolti solo a
certe fasce d’età (giovani in particolare) e quelli che si rivolgono ad
adulti o a gruppi/comunità non individuati in base all’età (per
esempio, un quartiere, la popolazione carceraria, ecc.).
In maniera sintetica, ecco i target
di riferimento:
A) a.1. Scuola, a.2. Extra-
scuola;
B) b.1. Giovani, b.2. Adulti/
Popolazione indifferenziata.
b) Aree della prevenzione.
Seguendo le
indicazioni di Croce e Vassura (2011)
possiamo individuare le tre fondamentali
aree di prevenzione verso cui
si muove la Peer Education:
- area informativa (se sai che esiste
il rischio, lo puoi evitare);
- area di supporto educativo (se
hai gli strumenti per riconoscere il rischio,
lo puoi evitare);
- area di promozione della cittadinanza
attiva (se insieme ci aiutiamo e
condividiamo gli strumenti per individuare
e riconoscere il rischio, più facilmente
possiamo collettivamente
provare a evitarlo).
Modelli di riferimento (polarità
leggera e polarità forte).
I tentativi di
identificare i “modelli”
di Peer Education
a partire dai riferimenti
teorici
non hanno dato vita
a una classificazione
condivisa.
Il
motivo ci sembra
chiaro: la PE può
esser considerata
una pedagogia
dell’esperienza. Se
esistono e sono
identificabili dei
“modelli” di PE questi non derivano da
teorie (psicologiche e/o sociali) preesistenti;
il rapporto con le scienze sociali
è infatti quello di un utilizzo plurimo
di categorie e metodi e della loro validazione
sul campo.
Osservando e confrontando i diversi
progetti ci è sembrato di poter individuare
due polarità antitetiche a cui i diversi
aspetti della PE possono esser riferiti.
Le due polarità sono, in primo luogo,
quella leggera e, in seconda battuta,
quella forte, identificabili attraverso
cinque assi.
a) Obiettivi (e ricadute) degli interventi
di prevenzione. La presenza o meno di
un obiettivo preciso e delimitato (per
esempio: prevenzione Aids/Ist) è il
primo degli elementi che caratterizza
il modello leggero; si tratta, in genere,
di un obiettivo che ha un’ampia rilevanza
sociale e che riguarda, direttamente
o indirettamente, tutta la popolazione
(o alcune sue fasce significative)
di una comunità.
Nella polarità forte la definizione
dell’obiettivo è meno marcata in
quanto si intende intervenire su una
fascia abbastanza ampia (per esempio:
life skill) che può, di volta in volta,
esser specificata a seconda delle diverse
situazioni.
b) Reclutamento e formazione dei peer
educator. Nella polarità leggera la candidatura
dei peer avviene per auto-selezione,
sulla base
del principio per
il quale chiunque
si renda disponibile
può accedere a
tale ruolo.
Nella polarità
forte l’arruolamento
avviene sulla
base di criteri
prestabiliti di selezione.
Il peer cioè
è scelto dagli adulti
o dai propri pari.
Nella polarità leggera per la formazione
si fa riferimento ai peer quali risorse
non professionali, con competenze
essenziali di psicologia sociale ai
fini della gestione dei gruppi e una
formazione circoscritta sul tema oggetto
dell’intervento: una formazione
leggera (mediamente 16-20 ore) integrata
dall’esperienza sul campo.
Nella polarità forte la formazione
fornisce anche competenze con valenza
cognitiva per costruire una professionalità
più pronunciata che consente
al peer di fornire risposte precise al
gruppo dei pari sulle tematiche oggetto
degli interventi: un programma formativo
di 40-80 ore orientato sia a
competenze comunicative, sia a conoscenze
scientifiche più approfondite.
c) Ruolo degli adulti. La presenza di
adulti prossimali (per esempio, gli insegnanti)
con specifici interventi nei
progetti, orienta l’intervento verso la
polarità leggera; essi svolgono una
funzione di supporto e rafforzativa rispetto
ai peer fornendo, in uno spazio
autonomo, le informazioni scientifiche
corrette. Gli esperti esterni agiscono
invece in modo indiretto all’interno
dei percorsi formativi sia dei peer
sia degli adulti. Nella polarità forte la
presenza degli adulti prossimali non
sempre è prevista. Il loro ruolo può esser
delegato agli stessi peer educator
che agiscono pertanto sia sul fronte
comunicativo sia su quello informativo,
eventualmente supportati dalla
presenza degli esperti esterni.
d) Il setting degli interventi. Nel caso
della polarità leggera lo spazio ha una
configurazione sempre diversa dal setting
scolastico, è orientato a facilitare
un intervento di tipo animativo (per
esempio, quello circolare nel caso del
focus group) associato a un tipo di comunicazione
calda e orizzontale che
facilita l’emersione di ansie ed emozioni
e nel quale viene privilegiata la
relazione tra i peer e il gruppo.
Nella polarità forte si prevede anche
un setting di tipo scolastico centrato
sulla modalità della lezione nella
quale si privilegia la relazione fra il
peer e i singoli. Si tratta di uno spazio
maturo nel quale è possibile affrontare
i problemi in modo razionale piuttosto
che emotivo.
Nella prima modalità sono i peer
stessi a gestire il gruppo classe, mentre
gli adulti prossimali intervengono
separatamente in un apposito spazio;
nella seconda modalità i peer possono
essere affiancati dagli adulti (insegnanti
o più spesso operatori dei servizi
o esperti esterni) che li coadiuvano
al fine di modulare gli interventi in
contesti diversi e affrontare problematiche
anche molto specifiche.
e) Rete territoriale e comunità. Una rete
territoriale di supporto si rivela essenziale
nella promozione di tutti gli
interventi di PE.
Nella modalità leggera
la rete si costituisce generalmente
dal basso, sulla base della condivisione
delle competenze, mentre nell’altro
caso nasce e si sviluppa più per effetto
di un processo dall’alto e ha il
suo punto di forza nella presenza di
un partner esterno, per esempio una
agenzia formativa, che si fa garante
della sviluppo degli interventi e
dell’adesione agli obiettivi prefissati.
La progettazione degli interventi nel
primo caso avviene a livello di comunità
territoriale, mentre nel secondo caso
è circoscritta a specifiche realtà.
Nel caso contrario (polarità forte)
questi processi risultano meno fluidi
poiché vengono mediati dagli adulti,
mentre la propensione alla costituzione
di capitale sociale giovanile da parte
dei peer è meno pronunciata a vantaggio
di una loro maggior professionalizzazione
individuale.
Gianmaria Ottolini