18/03/2011
Santo molto amato, Giuseppe, il falegname di Nazareth, è una delle figure più schive del Vangelo: neppure una sola parola gli viene attribuita. Rappresentante, in questo, di tanti e tanti padri che nella storia hanno accudito con amore e scarni discorsi le loro famiglie e i loro figli, con una premura inversamente proporzionale all'eloquio.
Quasi per contrappasso, la giornalista e scrittrice Giovanna Ferrante lo fa parlare in prima persona nel libro Giuseppe. Il falegname di Nazareth, edito in questi giorni da Ancora (euro 10,50; pagine 144). Benché sia stata scritta rivisitando i Vangeli dell'infanzia, i Vangeli apocrifi, la tradizione della Chiesa e la devozione di generazioni di credenti, questa singolare "autobiografia" unisce realtà e fantasia con la libertà propria dei romanzi.
San Giuseppe è rappresentato sul letto di morte, mentre si prepara all'ultimo passaggio che lo metterà in comunione con quel mistero di Dio che ha governato tutta la sua vita, e che per lui è stato il mistero di vivere accanto al Figlio di Dio e a Maria, padre e non genitore, sposo e non marito. In quei momenti scorrono nella sua mente gli anni e gli episodi che ha vissuto con loro, con amore, impegno quotidiano e fede profonda.
Non a caso l'autrice ha dedicato il libro al proprio padre: il Giuseppe falegname operoso e onesto, sposo innamorato e rispettoso, padre amorevole e responsabile, che emerge dalle pagine, ha molto di quella paternità ideale fatta di semplicità e quotidianità serena che ognuno di noi amerebbe.
La lettura scorre veloce e serena grazie a una scrittura intensa e volutamente facile. Perchè essenziali come la verità dovevano essere i pensieri di Giuseppe, i suoi sentimenti sempre delicati, la fede umile e grande. O almeno, così possiamo immaginarli attraverso le pagine di questo libro, e ci appaiono del tutto verosimili in un santo autentico e solido come il legno che lavorava.
Rosanna Biffi
A cura di Orsola Vetri