10/05/2013
Massimo Gandolfini, medico Vicepresidente nazionale di “Scienza & Vita” è ambasciatore della Campagna Uno di noi
Massimo Gandolfini è stato appena nominato ambasciatore della Campagna Uno di noi.
Ha un ricco curriculum dal punto di vista scientifico e accademico
(Direttore del Dipartimento di Neuroscienza dell’Ospedale Poliambulanza
di Brescia, Professore di Neurologia e Neurochirurgia all’Università
Cattolica, perito della Consulta Medica della Congregazione per le cause
dei Santi in Vaticano), ma soprattutto è il Vicepresidente nazionale di
“Scienza & Vita” e Presidente lombardo dell’Associazione
Medici Cattolici Italiani. Da quando è partita la campagna, Gandolfini è
già intervenuto in nove convegni sul tema e racconta di aver incontrato
“grande interesse e partecipazione”.
- Perché la sua adesione alla campagna?
«Per affermare il valore della vita umana e la dignità dell’uomo per il
solo fatto di essere umano, indipendentemente dalla capacità di
svolgere delle funzioni. “Uno di noi” non è necessariamente una campagna
cattolica, ma un’iniziativa di civiltà democratica in cui tutti possono
riconoscersi. Ci ispira la Carta dei diritti fondamentali del cittadino
europeo e il principio di eguaglianza: vogliamo tutelare il più
indifeso degli esseri umani, il bimbo concepito non ancora nato».
- Cosa chiede la campagna?
«Il riconoscimento in via di principio della dignità della vita e della
sua tutela. In pratica, implementare gli articoli 1 e 2 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Ue aggiungendo la dizione “tutela della vita
del concepito non ancora nato”, al fine di rendere l’embrione titolare
di diritti».
- Quali sono le posizioni in campo?
«Da un lato, una posizione laica e pragmatica che vuole utilizzare le
cellule staminali embrionali per la ricerca. Va sottolineato che allo
stato attuale queste cellule sono inutilizzabili per curare malattie;
inoltre, sono oncogene, cioè sviluppano facilmente tumori. Dall’altro,
la posizione di Scienza & Vita: siamo contrari a
distruggere l’embrione per produrre cellule staminali embrionali. Perché
uccidere “uno di noi”? Proponiamo invece di favorire la ricerca sulle
cellule staminali adulte (ad esempio, ricavate dal cordone ombelicale),
che già oggi permettono di curare molte malattie. Insomma, implementiamo
la ricerca di ciò che siamo in grado di fare, senza distruggere
embrioni umani nel sogno di fare qualcosa di futuribile!».
- Qual è il legame tra la sua adesione alla campagna e la sua professione medica?
«Ho aderito proprio in quanto medico. Da un punto di vista scientifico,
la vita inizia dalla prima cellula, che si chiama zigote, e quindi
l’embrione è a tutti gli effetti una persona umana. Non esiste in
medicina il principio che si possa uccidere una persona per farne
materia di ricerca scientifica. Il nostro codice deontologico individua
il dovere del medico nella tutela della salute, nella cura della
malattia e nel lenimento del dolore».
- Secondo quali basi scientifiche l’embrione è “uno di noi”?
«Già nello zigote (embrione unicellulare) è perfettamente inscritto
l’intero patrimonio genetico dal quale si svilupperà il nostro corpo e
che ci accompagnerà per tutta la vita».
- “Uno di noi” è una campagna europea. Qual è la situazione in Italia e in Europa?
«In Italia, la Legge 40 ha vietato tanto l’utilizzo quanto la produzione
di embrioni a scopo di ricerca. In Inghilterra, Olanda, Belgio e nei
Paesi Scandinavi, non solo gli embrioni sono utilizzati per la ricerca,
ma addirittura possono essere prodotti solamente con questa finalità. In
Francia e Germania, invece, si possono utilizzare per la ricerca solo
quelli crioconservati, cioè congelati in azoto liquido».
Stefano Pasta
A cura di Orsola Vetri